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1977: la produttività lineare – 2020: la produttività progressiva e verticale

Al di là dei dubbi legittimi relativi allo stile espressivo dell’esponente della politica, ancora oggi punto di riferimento per un ampio schieramento politico, sembra incredibile come già nel lontano 1977 la mancata crescita della nostra economia potesse venire semplicemente collegata alla mancanza di manodopera di bassa professionalità come poi avvenuto dagli anni ‘90 in poi fino ai giorni nostri.

Quest’analisi imbarazzante presenta due errori fondamentali, oltre ad un sottile e sottinteso disprezzo verso persone come i lavoratori e le loro professionalità.

Il primo certamente è relativo alla mancata valutazione, anche qualitativa, dei flussi migratori provenienti dalle regioni del mezzogiorno verso il nord industriale d’Italia che hanno caratterizzato e contribuito allo sviluppo economico italiano nel suo complesso. Un flusso migratorio sostanzialmente “interregionale” di persone, assieme alle proprie famiglie, professionalmente comunque formate all’interno del sistema d’istruzione italiano.

Viceversa, ed arriviamo al secondo errore di questa analisi, questi flussi migratori interregionali non hanno portato alla compressione dei costi in quanto rispondevano ad esigenze del mondo industriale di ricerca di personale come espressione della crescita economica.

I flussi migratori dell’ultimo ventennio provenienti da paesi con ritardi culturali e professionali decennali invece permettono, grazie alla bassa qualifica professionale, proprio l’obiettivo di comprimere il livello medio delle retribuzioni a parità di qualifiche.

Sembra incredibile come già nel 1977 venisse indicato come inevitabile dal futuro Presidente del Consiglio il nesso tra sviluppo e crescita economica e compressione dei costi e di conseguenza aumento della produttività lineare.

Un tema ripreso negli ultimi anni da buona parte del mondo politico ed accademico che ancora  considerano la produttività come semplice espressione della riduzione dei costi di produzione all’interno del perimetro aziendale. Un risultato da raggiungere attraverso l’intensificazione dei ritmi di lavoro con inevitabile compressione delle retribuzioni e conseguentemente una riduzione del CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto). Un concetto desueto in quanto la produttività emerge come sintesi di un sistema paese nella sua articolata complessità. Il sistema paese influisce in modo pesante con le proprie diseconomie all’interno del ciclo di vita di un prodotto, dalla sua ideazione come espressione di una impresa e si delinea evidente nei suoi effetti quando lo stesso esce dal perimetro aziendale.

Si pensi al peso dei mancati servizi della pubblica amministrazione fino al raggiungimento del mercato di riferimento attraverso un sistema infrastrutturale fisico e digitale assolutamente non adeguati che si trasformano cosi in costi aggiuntivi che abbassano anche la stessa produttività.

Quindi il concetto di produttività “progressiva e verticale” si declina come l’espressione di un sistema Italia anche attraverso l’efficienza della pubblica amministrazione nella sua articolata complessità assieme ad un sistema infrastrutturale e anche culturale (l’istruzione dovrebbe rappresentare l’autostrada della conoscenza).

Considerate le premesse nel 1977 di uno sprezzante Romano Prodi, espressione della nuova classe dirigente italiana, risulta ora molto più chiara la strategia economica perseguita dalla  politica italiana come i risultati ottenuti.

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