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2020/2022: dalla pandemia al catasto

A partire dal 31 gennaio del 2020, quando fu proclamato il primo stato di emergenza, i cittadini italiani hanno dato prova di un’estrema compattezza anche se con diverse posizioni relative alle strategie sanitarie e in riferimento a quelle vaccinali fino alle politiche economiche.

Anche se con forti contrasti sociali, generati spesso dalla stessa classe politica, nel suo complesso il nostro Paese ha dimostrato un senso di democraticità come espressione del valore più alto della libertà la quale ha permesso confronti anche aspri tra le diverse posizioni ma comunque sempre all’interno di una unità democratica dell’Italia.

L’emergenza sanitaria ha dimostrato come molto spesso la cittadinanza si dimostri migliore della stessa classe politica la quale ha pure cercato di sfruttare in questo lungo periodo emergenziale le molteplici problematiche solo ad uso e consumo dei propri ritorni elettorali.

Alle soglie del 31 marzo 2022, quando sarebbe dovuta scadere l’ultima proroga dello stato di emergenza, il mondo intero si trova coinvolto nella terribile questione della guerra in Ucraina. Una catastrofe umana, sanitaria ed economica che ha colpito con colpevole sorpresa tutte le maggiori nazioni ed ha costretto il governo in carica a prorogare lo stato di emergenza al 31/12/2022. Quindi, anche se per diverse motivazioni, il nostro Paese si troverà, arrivati al dicembre 2022, con trentacinque (35) mesi senza interruzione di stato di emergenza: un caso unico nel mondo che dovrebbe aprire invece un dibattito istituzionale sull’abuso da parte degli ultimi governi della propria posizione e del potere che la Costituzione ha loro riservato.

Il nostro Paese, va ricordato, sta pagando un peso aggiuntivo ancora più alto rispetto agli altri partner europei in termini di sospensione delle prerogative democratiche, anche con un parlamento ridotto ormai a semplice esecutore degli atti governativi.

Le conseguenze economiche, sintesi di due anni di emergenza pandemica ai quali vanno sommati quelli attuali per la guerra in Ucraina, si stanno rivelando disastrose con l’esplosione dei costi energetici e delle materie prime la cui stessa reperibilità risulta molto problematica sul mercato internazionale.

In soli due anni, dal 2020 al 2022, il gas è aumentato del 1637%, e solo nell’ultimo anno del 736%, determinando la perdita progressiva della competitività del nostro sistema industriale ed imprenditoriale e l’impennata dei costi delle bollette ormai assolutamente insopportabili.

In più, l’ultima rilevazione del tasso di inflazione segna un +5,7% il quale andrà interamente a carico delle fasce della popolazione con redditi più bassi (l’inflazione è la tassa più ingiusta del panorama economico fiscale), dimostrando una volta di più come la “riforma fiscale” del 2021 voluta dal governo in carica e relativa alla rimodulazione delle aliquote IRPEF, avendo favorito le fasce reddituali tra i 40/50.000 euro, determini un ulteriore peggioramento per le fasce più deboli da risultare persino offensiva nei confronti dei cittadini meno fortunati.

A questa situazione disastrosa il governo ha risposto quindi o con dei pannicelli caldi o peggio attuando una politica fiscale avversa alle fasce di reddito più basso mentre la Francia, la Polonia e la Germania hanno adottato l’unica soluzione appropriata in questo contesto: la riduzione della pressione fiscale soprattutto per i prodotti energetici.

Il grande senso di tolleranza della popolazione e del mondo del lavoro risulta ampiamente superato, come dimostrano i primi blocchi dei Tir contro il caro gasolio al quale il governo sembra voglia rispondere con una riduzione dei pedaggi autostradali i quali, immancabilmente, tra un paio d’anni verranno bocciati come aiuti di Stato dall’Unione Europea.

Al di là del valore numerico della crescita del PIL siamo all’inizio di una crisi economica senza precedenti successiva ad oltre due (2) anni di emergenza pandemica la quale ha determinato un declino sociale, politico ed economico del nostro Paese alla quale si aggiunge la stagione di guerra.

Partendo da questa situazione drammatica, soprattutto in prospettiva, la priorità del governo in carica è invece “la riforma del catasto” o, come viene definito, “un semplice aggiornamento del catasto”, talmente semplice da indurre il Presidente del Consiglio Draghi e la sottosegretaria Guerra (Pd) a minacciare una crisi di governo.

Un comportamento istituzionale assolutamente inappropriato ed inaccettabile perché legato alla situazione attuale che vede il nostro
Paese all’interno di una stagione di guerra immediatamente successiva a ventiquattro (24) mesi di pandemia le cui terribili conseguenze sono drammatiche in termini sanitari, sociali ed economici.

Tutto questo dovrebbero indurre ad una maggiore consapevolezza del momento storico attuale e quindi spingere il governo e le forze politiche
ad una rimodulazione delle priorità della loro agenda politica e governativa.
Mai come ora la classe politica e governativa italiana aveva dimostrato un completo disprezzo per le difficoltà della popolazione italiana.

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