Caccia al cervo
Si è riaperta, in alcune aree, la stagione della caccia e dall’8 agosto l’Abruzzo, regione che abbiamo spesso citato ad esempio per la convivenza tra orsi ed umani e per la gestione dei parchi e della fauna selvatica, ha emanato una delibera autorizzando il prelievo, e cioè l’uccisione, di quasi 500 cervi.
La cosa che più sconcerta è che nella delibera è predisposto un tariffario, i cacciatori cioè per uccidere i cervi dovranno pagare, a seconda dell’animale abbattuto, un tanto alla regione. Secondo quanto riportato, anche da organi nazionali d’informazione, cinquanta euro per un cucciolo, 100 per le femmine giovani, 150 per i maschi giovani e 250 per i maschi con più di cinque anni, non è ancora chiaro quanto costeranno i trofei dei maschi adulti, cioè i palchi, e quanto sarà la differenza di costi tra i cacciatori abruzzesi e quelli che proverranno da altre regioni.
Due cose particolarmente stupiscono e diciamo pure ci indignano, la prima, ovviamente, è che si autorizza, addirittura si invita, a sparare ai cuccioli, bersagli fin troppo facili, l’altra è che risulta che la densità di cervi nelle aree individuate per gli abbattimenti è solo di poco superiore alla soglia che, per legge, permette la caccia di selezione fissata quando vi sono più di due capi per chilometro quadrato. Ovviamente e giustamente le associazioni a protezione degli animali stanno protestando e una petizione del WWF ha già raccolto circa 80.000 firme contro gli abbattimenti.
Che sia un errore di valutazione da parte della regione od una marchetta ai cacciatori il provvedimento, specie per l’abbattimento dei cuccioli, sarebbe da ritirare subito con tanto di scuse alla popolazione civile.
Visto che la caccia sta riprendendo in più parti vogliamo ricordare alcuni dati ai nostri lettori e a quei politici che pensano ai voti che i cacciatori possono dare, le armi ad uso venatorio in Italia sono solo 571.000 e considerando che spesso un cacciatore ha più armi rimane evidente come il numero degli amanti della caccia sia ormai poco rilevante ai fini elettorali rispetto al numero di coloro che credono nel rispetto di una convivenza pacifica con gli animali, fonte di equilibrio per l’ecosistema e per gli interessi turistici.
Siamo consapevoli che un numero eccessivo di ungulati e di cinghiali sono un danno ma siamo anche certi che vi sono sistemi più corretti per eliminare i problemi connessi al sovrannumero, problemi che non si vogliono affrontare con decisione e competenza tant’è che non si è riusciti ad arginare neppure la peste suina e che perciò continuano a dover essere eliminati centinaia di maiali d’allevamento con un grave danno economico per tutti
Troppa improvvisazione, troppa superficialità anche in questi campi.