Covid e inquinamento
Con l’arrivo inaspettato del Covid abbiamo avuto negli ultimi due anni un uso massivo di dispositivi medici, e non, di protezione che hanno modificato il nostro stile di vita ma anche il nostro comportamento in termini di smaltimento degli stessi, provocando non solo difficoltà al chiarimento degli organi competenti di come e dove smaltirli, ma anche al loro accumulo casalingo e ambientale.
Infatti dalle stime ufficiali, che non comprendono i dispositivi ad uso domestico e/o personale, si stima che siano stati prodotti 87.000 tonnellate di rifiuti di dispositivi di protezione individuale, che non comprendono peraltro le mascherine mediche usa e getta.
In più dobbiamo aggiungere i milioni (si stima più di 140) dei kit di test antigenici e dei rifiuti chimici connessi (più di 700 000 litri), e in aggiunta aghi, siringhe, garze, guanti e materiale vario ad uso sanitario (disinfettanti e detergenti). Ciò impone la ricerca da una parte di normative nazionali e internazionali che diano indicazioni precise sul modo di smaltire e quindi aiutare il cittadino a farlo nel modo corretto, ma dall’altra parte di una sensibilizzazione civica mediata dagli organi governativi che faccia intendere alla popolazione il grave rischio di inquinamento da “materiale Covid“ , evitando così comportamenti personali che portino ad un ulteriore possibile inquinamento.
Fonte: quotidianosanità.it