Attualità

Da novembre 2021 a luglio 2024

In piena era Draghi più volte il ministro Brunetta affermò che l’Italia si trovava all’interno di una fase di sviluppo simile a quello del boom economico degli anni sessanta. Viceversa, l’aumento nominale del PIL era semplicemente legato all’esplosione dell’inflazione (1), del debito pubblico (2) e della spesa pubblica specialmente legata ai bonus edilizio (3), tre fattori disastrosi che avevano drogato l’indice di crescita del PIL.

Successivamente gli effetti a lungo termine della pandemia, abbinata all’inizio della guerra Russo Ucraina, non hanno fatto altro che accentuare gli effetti disastrosi dei tre indicatori economici citati precedentemente.

Quello era, però, il governo degli ottimati, il quale ha mantenuto l’impostazione e le disastrose strategie dei bonus di quello precedente, seguito da un altro governo altrettanto incapace di invertire questo trend, e soprattutto di avviare una politica in grado di porre al centro dello sviluppo il sistema industriale.

Andrebbe sottolineato come le crisi economiche vengano innescate molto spesso da eventi decisamente incontrollabili, come il covid o la guerra russo ucraina. Tuttavia gli effetti risultano quanto mai disastrosi in rapporto alla vulnerabilità di un sistema politico economico nazionale.

In altri termini, quando la crescita economica di un paese risulta finanziata esclusivamente dalla spesa pubblica, e per di più con obiettivi strategici assolutamente discutibili, come il settore edilizio erroneamente considerato un settore trainante dell’economia, allora la vulnerabilità dell’intero sistema diventa massima.

Certamente le nostre Pmi, che fanno parte di filiere estere delle eccellenze, pagano anche contemporaneamente la crisi internazionale, e tedesca in particolare, del settore Automotive. In questa situazione poi si inserisce anche la scelta di Stellantis, la quale ha ridotto la produzione all’interno degli stabilimenti italiani del -25% rafforzando il deleterio processo di deindustrializzazione.

Non bastasse, si devono considerare gli effetti della errata politica europea imputabile alla Commissione Europea precedente la quale, invece di garantire la sopravvivenza di un sistema economico ed industriale europeo in forte difficoltà per i notevoli contraccolpi generati dalla pandemia e dalla successiva guerra, in un furore ideologico ha abbracciato in modo infantile la transizione energetica ed ecologica, deleteri per i terribili effetti economici e per l’occupazione.

Ora, nel luglio 2024, il settore metalmeccanico registra una flessione della produzione industriale del -25%, contemporaneamente il settore calzaturiero della Riviera del Brenta segna per il 2023 un -25%, sempre di produzione industriale il complesso nazionale registra un -9,7% di export e -10,1 di fatturato nel primo trimestre 2024.

Il settore immobiliare si allinea al trend negativo con una flessione del -8,7%, mentre la conceria altro plus del Made in Italy presenta un segno negativo, che va dal -20% al -50%.

Lo stesso il trend turistico, vanto del Presidente della Regione Veneto e del governo in carica, ha tassi di crescita inferiori a quelli di Francia e Spagna (**), quindi ci si illude che l’economia turistica cresca al netto dei concorrenti quando invece regredisce.

Di fronte ad una situazione del genere sarebbe opportuno cominciare a parlare non solo di dinamiche internazionali ma soprattutto di politica industriale e cioè di filiera integrata, intesa come l’unica generatrice di valore aggiunto indipendente dalla spesa pubblica.

Anche se il contesto internazionale risulta complesso, ricominciare dall’economia in grado di generare valore aggiunto potrebbe essere un buon punto di partenza.

(*) https://www.ilrestodelcarlino.it/pesaro/cronaca/produzione-industriale-in-allarme-nella-meccanica-un-calo-del-25-e-a-settembre-ottobre-peggiorera-530bf34a

(**) https://www.ilpattosociale.it/attualita/il-turismo-questo-sconosciuto/

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