Dagli Usa aiuti militari per 500 milioni di dollari alle Filippine
Gli Stati Uniti hanno deciso di destinare 500 milioni di dollari di aiuti militari alle Filippine per “rafforzare la cooperazione nel campo della sicurezza” con il loro “più antico alleato nella regione”. Lo ha annunciato il segretario di Stato Antony Blinken, durante il suo viaggio a Manila assieme al capo del Pentagono Lloyd Austin mentre restano forti le tensioni con la Cina nel Mar Cinese Meridionale. Blinken e Austin hanno partecipato al Dialogo ministeriale 2+2 a Camp Aguinaldo con gli omologhi, rispettivamente Enrique Manalo e Gilberto Teodoro, al termine del quale è stato annunciato un investimento che il capo della diplomazia di Washington ha definito “generazionale”, in grado di modernizzare forze armate e Guardia costiera di Manila.
“Questo livello di finanziamento non ha precedenti e invia un chiaro messaggio di sostegno alle Filippine da parte dell’amministrazione Biden-Harris, del Congresso e del popolo americano”, ha detto da parte sua il segretario alla Difesa Austin. Stando a quanto reso noto dagli Stati Uniti, 125 milioni di dollari andranno alla costruzione e al miglioramento delle basi militari in cui Manila ha consentito lo stazionamento di truppe Usa sulla base dell’Accordo rafforzato per la cooperazione in materia di difesa. A Manila Blinken ha anche garantito che, qualsiasi cambiamento vi sarà a Washington dopo le elezioni presidenziali del prossimo 5 novembre, gli impegni degli Stati Uniti nei confronti delle Filippine non saranno modificati.
“Abbiamo un Trattato di mutua difesa per il quale gli Stati Uniti si sono impegnati. Questo impegno durerà”, ha assicurato il segretario di Stato. Lo stesso messaggio è arrivato anche da Austin: “Potete scommettere sul fatto che questo sostegno continuerà”. Manalo, da parte sua, ha parlato di un’alleanza, quella con gli Usa, che ha “tenuto alla prova del tempo”. Blinken e Austin sono reduci da incontri ministeriali a Tokyo, inclusa una riunione dei capi della diplomazia del Quad, durante i quali hanno espresso la loro “seria preoccupazione riguardo alla situazione nel Mar Cinese Meridionale”, teatro di dispute territoriali tra la Cina e le Filippine che negli ultimi mesi sono culminate in diversi incidenti tra le imbarcazioni dei due Paesi, con l’impiego di cannoni ad acqua e veri e propri abbordaggi da parte della Guardia costiera di Pechino. “Continuiamo a esprimere la nostra viva preoccupazione per la militarizzazione (…) e per le manovre coercitive e intimidatorie nel mar Cinese meridionale”, hanno dichiarato il segretario di Stato Usa Antony Blinken e gli altri tre ministri degli Esteri del quartetto in un comunicato congiunto, con un riferimento implicito alla Cina.
Le Filippine “continueranno a far valere i loro diritti” sulle aree del Mar Cinese Meridionale oggetto della disputa territoriale con la Cina, ha invece chiarito il ministero degli Esteri filippino, dopo l’annuncio il 21 luglio di un accordo con Pechino per evitare scontri durante le operazioni di rifornimento dell’avamposto militare di Manila presso la secca di Second Thomas. Il ministero ha anche smentito, contrariamente a quanto suggerito da Pechino, che “l’accordo provvisorio” annunciato ieri obblighi Manila a “notificare preventivamente” alla Cina gli invii di rifornimenti verso l’avamposto, che si trova sul relitto della nave Brp Sierra Madre. “I principi e gli approcci stabiliti nell’accordo sono stati raggiunti attraverso una serie di attente e meticolose consultazioni tra entrambe le parti che hanno aperto la strada a una convergenza di idee senza compromettere le posizioni nazionali”, ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri filippino Teresita Daza. “Le dichiarazioni (del ministero degli Esteri cinese) in merito alle notifiche preventive e alle conferme sul posto non sono dunque accurate”.
La Cina “è disposta a consentire” il rifornimento di beni di prima necessità da parte delle Filippine al personale della sua nave da guerra ancorata “illegalmente” nella secca dell’atollo Second Thomas (che Pechino chiama Ren’ai Jao, ndr), ma ribadisce la richiesta a Manila di rimuoverla. Con queste parole il portavoce del ministero degli Esteri cinese ha risposto alla richiesta di commento sull’accordo concluso fra Pechino e Manila sulla gestione delle attività nell’area dell’atollo Second Thomas, rivendicato da entrambi i Paesi. “La Cina ha recentemente avuto una serie di consultazioni con le Filippine sulla gestione della situazione a Ren’ai Jiao e ha raggiunto un accordo provvisorio con le Filippine sul rifornimento umanitario dei beni di prima necessità”, ha dichiarato il portavoce in un comunicato, precisando che “le parti hanno concordato di gestire congiuntamente le differenze marittime e di lavorare per la riduzione della tensione nel Mar Cinese Meridionale”.
Nel comunicato, Pechino precisa che “Ren’ai Jiao fa parte del Nansha Qundao cinese e che la Cina ha la sovranità su Ren’ai Jiao e sul resto di Nansha Qundao, nonché sulle acque adiacenti”. “Mantenendo la propria nave da guerra a terra a Ren’ai Jiao per decenni consecutivi, le Filippine hanno violato la sovranità della Cina e la Dichiarazione sulla condotta delle parti nel Mar Cinese Meridionale in particolare l’articolo 5 che afferma che le parti dovrebbero astenersi dal azione di abitare sulle isole e sulle scogliere disabitate”. Come secondo punto, ha proseguito il portavoce, Pechino si dice disposta a consentire alle Filippine di assicurare la consegna di beni di prima necessità al suo personale che vive sulla nave da guerra, precisando che la richiesta dovrà essere debitamente comunicata e che le autorità cinesi monitoreranno l’intero processo di rifornimento. Tuttavia, precisa ancora il portavoce, “se le Filippine dovessero inviare grandi quantità di materiali da costruzione alla nave da guerra e tentare di costruire strutture fisse o avamposti permanenti, la Cina non lo accetterebbe assolutamente” e ne impedirebbe l’attuazione.