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Il dopo Covid-19: la Cina pubblica l’elenco di animali da allevamento

Di Elizabeth Claire Alberts* - Traduzione di Betty von Hoenning

Mentre le attività economiche stanno ripartendo sulla scia del Covid-19, il governo cinese ha reso nota una bozza di lista di animali che possono essere allevati per produrre carne o pellicce, animali domestici inclusi, quali suini, vacche, pollame, così come “bestiame speciale” quali renne, alpaca e struzzi.

La lista specifica tra l’altro che i cani devono essere classificati come “animali da compagnia”, e non bestiame, il che costituisce un successo per le associazioni a tutela degli animali.

Il commercio ed il consumo di animali selvatici è stato vietato in Cina dal mese di febbraio, ma gli esperti sono preoccupati dalla  possibile ripresa del commercio, pur con qualche limitazione.

L’elenco, reso noto dal Ministero dell’Agricoltura e degli Affari Rurali, è stato pubblicato online per i lettori cinesi, che possono esprimere il proprio parere.

La lista, pubblicata il 9 aprile, include animali domestici quali maiali, vacche, pecore, capre, conigli e polli che già vengono allevati su larga scala in Cina. Nel 2018, ad esempio, la Cina allevava più di 10 miliardi di polli e più di 684 milioni di maiali, stando ai dati raccolti dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations.

La lista riporta anche una categoria definita “bestiame specifico” che include animali non domestici quali renne, alpaca, faraone, struzzi, emu, che possono essere allevati per la  carne, così come visoni, volpi argentate, volpi artiche e cani procioni, allevati per la pelliccia. L’inclusione di tali specie non corrisponde   alla  precedente lista della Cina, ha affermato in una mail a Mongabay Peter Li, specialista politico di Humane Society International (HSI), e ciò desta parecchia preoccupazione.

“Includere animali selvatici da carne e pelliccia nell’elenco del bestiame costituisce una deriva pericolosa, in quanto questi animali non verrebbero più considerati alla stregua di animali selvatici” ha affermato Li . “I gruppi cinesi per la protezione  degli animali e le ONG internazionali , compresa HSI, hanno esortato il governo cinese ad eliminare da tale elenco tutti gli animali selvatici, sia da carne che da pelliccia”.

Crea non poca sorpresa la citazione, da parte del Ministero, dei cani, considerati animali da compagnia, nonostante sia risaputo che regolarmente questi vengono macellati in alcune zone della Cina per consumarne la carne.

“A quanto pare, il governo cinese non considera i cani alla stregua del bestiame, mentre li considera “animali da compagnia” per la prima volta, da quando cioè i Comunisti cinesi assunsero il potere nel 1949,” ha aggiunto Li. “Il fatto che i cani non siano inclusi nella lista  rappresenta una vittoria per gli amanti degli animali  e per gli attivisti cinesi”.

Gli animali catturati in natura, come pipistrelli e pangolini, che vengono spesso venduti – anche se illegalmente – per la carne e alcune parti del corpo nei mercati di fauna selvatica, non sono inclusi nella lista, in quanto non nati né riprodotti in cattività . “Penso che questa lista punti ad escludere le specie non comprese nella stessa, cosicché saranno (e sono già) necessarie misure specifiche per le Forze dell’Ordine per potere fermare il commercio illegale,” ha affermato in una mail oggi Claire Bass, direttore esecutivo dell’HSI.

La lista verrà completata entro maggio, anche se non verrà convertita immediatamente in legge.

“Per rendere illegale il consumo di carne di cane è necessario provvedere con una legge specifica e rendere la lista significativa”, ha affermato. Fino a quando il governo cinese non renderà illegale il consumo di carne di gatti e cani questo continuerà ad esistere. E certamente, anche se reso illegale, ci saranno sempre commercianti criminali che lo faranno sfidando  leggi e sanzioni”.

Ciò che resta poco chiaro è se il commercio e la macellazione di animali selvatici importati saranno autorizzati in Cina nel prossimo futuro. L’insorgenza del COVID-19 è causata, ipoteticamente, dai cosiddetti “wet-markets” – mercati di animali selvatici che vendono sia animali o parti di animali vivi e morti – della città di Wuhan, il che ha portato il governo ad annunciare il divieto di commercio e consumo di animali selvatici in febbraio. Mentre tale divieto è tecnicamente ancora in vigore, gli esperti temono che i mercati possano riaprire in futuro, o semplicemente, che ci sarà un mercato nero di fauna selvatica.

Mentre il Covid-19 si diffonde in tutto il mondo colpendo quasi 2 milioni di persone, più voci reclamano la chiusura completa dei mercati di fauna selvatica. Recentemente, un gruppo bipartisan di senatori degli Stati Uniti hanno inviato una lettera al Segretario di Stato Mike Pompeo esortandolo a collaborare con i partner internazionali per chiudere definitivamente i mercati di animali selvatici in Cina e in altre parti del mondo.

“I mercati privi di una seria regolamentazione che vendono animali vivi e parti di animali selvatici creano potenziali interazioni tra umani e animali selvatici, dando il via a trasmissioni di malattie”, scrivono i senatori nella lettera. “Invitiamo il Dipartimento, in collaborazione con i nostri partner internazionali e altre agenzie americane importanti quali l’Agenzia USA per la Pesca e la Fauna selvatica o l’Agenzia per lo Sviluppo internazionale di operare al fine di chiudere i mercati di animali selvatici senza normative che rappresentano una minaccia alla sanità pubblica, combattere il commercio più ampio, che è quello illegale di animali e parti di animali selvatici, rafforzando al tempo stesso la sicurezza alimentare in tutto il mondo”.

Mentre tutti gli occhi sono puntati sulla Cina, il dottor Li ha invitato l’opinione pubblica a non colpevolizzare la popolazione cinese per il consumo di carne selvatica, bensì di ritenere responsabili i commercianti.

“Non ho sentito o letto da nessuna parte in Cina la richiesta di riapertura del consumo di carne selvatica ”, ha affermato Li.  “Ho sentito invece diverse richieste isteriche da parte dei commercianti affinché il governo revochi  il divieto”.

“Quindi, non risentiamoci con il consumatore cinese per volere consumare carni selvatiche o di cani. Sono i commercianti, i riproduttori e i proprietari di ristoranti che con ‘grazia e generosità’ richiedono la vendita di questi prodotti per i loro consumatori”.

*pubblicato il 14 aprile 2020 su Mongabay, rivista online di natura e conservazione

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