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Il latino dimenticato: Tacito

Non passa giorno in cui esponenti della politica sia nazionale che regionale non propongano una nuova legge per vietare o quantomeno “disciplinare” un determinato” fenomeno.

Buona parte delle iniziative legislative trova la principale motivazione nell’intenzione di arginare, se non addirittura vietare, una determinata espressione comportamentale anche se spesso questa risulti assolutamente ininfluente nella vita quotidiana. Basti ricordare il divieto di fumare in auto con dei figli piccoli equivalente ad un obbligo di affetto e buona educazione verso i genitori.

Non è azzardato, quindi, affermare come buona parte di queste iniziative normative non abbiano come fine la creazione di strumenti per lo sviluppo economico e sociale ma limitazioni se non appunto addirittura divieti di fenomeni già in atto. In più, anche sotto anche il solo profilo della tempistica, emerge evidente il ritardo, anche solo della comprensione, di un fenomeno in atto.

Successivamente si manifesta anche il carattere quasi sempre censorio come prima motivazione politica di queste iniziative “democratiche” in Italia. In più, la sintesi di questa continua “regolamentazione normativa” si rivela come espressione non tanto di una visione politica a medio-lungo termine quanto di un’attività comunque in perenne ritardo in relazione alla realtà quotidiana.

All’interno di questa ipertrofia normativa trova forma una della più infantili espressioni di giustificazione della presenza in vita dell’intero comparto della politica nazionale e locale.

Il triste e complesso risultato di un simile approccio della classe politica degli ultimi trent’anni deriva dalla semplice constatazione di un paese che si ritrova ora con circa 111.000 norme in vigore alle quali va aggiunta la cospicua produzione normativa regionale.

A questo vero e proprio pantano normativo in grado di affossare o quantomeno rallentare qualsiasi attività economica ma anche sociale fa riscontro la Germania la quale organizza il proprio sistema con 5.500 leggi (meno del 5% rispetto al nostro ordinamento), mentre la Francia ne presenta 7.000 (poco più del 6% rispetto al nostro Paese), un sistema normativo questo che comunque possiede oltre il doppio di leggi rispetto alle 3.000 della Gran Bretagna (meno del 3% rispetto al nostro complesso ordinamento).

Si riguarda, infatti, come non esista nell’articolata storia del nostro Paese un solo governo che non abbia contribuito alla crescita sconsiderata del quadro normativo fino al punto di non ritorno da questa metastasi legislativa.

Il disastroso ed elefantiaco quadro normativo nazionale rappresenta la massima espressione di questo fenomeno imputabile all’intera classe politica che potremmo definire come “normofascismo/normocomunismo“.

In questo contesto disarmante sotto il profilo operativo ecco allora venire in aiuto, al fine di comprendere la reale situazione del nostro ordinamento e lo Stato reale della nostra democrazia il pensiero di Tacito il quale recitava: “moltissime sono le leggi quando lo stato è corrotto”.

Il poeta latino dimostra come anche da un semplice confronto percentuale delle leggi in vigore tra il nostro Paese ed altre tre democrazie europee, l’Italia non possa più essere considerata una democrazia reale.

In altre parole, lo Stato rappresenta, per chi ne acquisisce il potere esecutivo e legislativo, lo strumento per controllare un popolo inconsapevole ma egualmente colpevole del proprio livello di sottomissione. A questo si aggiunga come con una simile situazione normativa venga meno ogni possibilità di ripresa economica e di crescita ma contemporaneamente si moltiplicano i centri di controllo burocratico e politico che si trasformano in vere e proprie forme di potere vessatorio.

Paradossale, inoltre, come si continui a parlare di una società liquida quando nella realtà quotidiana il nostro Paese è caratterizzato da una moltitudine di obblighi e gabelle burocratiche.

Il combinato di queste norme ha l’unica giustificazione nella manifestazione della prova dell’esistenza stessa dello stato e soprattutto di chi le esercita in nome di questo Stato ” sovrano”.

Probabilmente sarà anche per questo che ogni tanto qualche genio della politica propone di escludere il latino dalle materie fondamentali del nostro sistema di istruzione.

Mai come in questo periodo nel quale l’informazione di ogni tipo ed ogni genere fluttua liberamente la cultura classica rappresenta un presidio fondamentale per comprendere il vero senso della democrazia.

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