Il Leviatano fiscale lamenta mancati introiti per circa 1800 miliardi dalle multinazionali della rete
Nel corso del 2022, il complesso giro d’affari delle prime 25 aziende del web a livello globale ha raggiunto la cifra di 1.792 miliardi di euro, equivalente al 90% del prodotto interno lordo italiano. La stragrande maggioranza dei proventi è stata generata da Usa e Cina: il 70% del fatturato delle aziende WebSoft proviene da imprese statunitensi, il 26% da quelle cinesi e solo il 4% da gruppi con sede in altre nazioni. Questi dati emergono dall’indagine annuale condotta dall’Area Studi di Mediobanca sui principali gruppi mondiali attivi nel settore Software & Web e basata sui dati relativi ai primi 9 mesi del 2023 e al periodo triennale compreso tra il 2019 e il 2022, riguardanti le prime 25 aziende WebSoft internazionali per quanto concerne i ricavi (di cui 11 hanno sede negli Stati Uniti, 10 in Cina, 2 in Germania e una ciascuna in Giappone e Corea del Sud).
Le imprese WebSoft, come spiega il Wall Street Journal Italia riportando l’analisi, sono le grandi società attive nell’ambito di Internet, nello sviluppo di software e nei servizi online, inclusi social media e motori di ricerca. Mediobanca solitamente le suddivide in 4 macro-aree: E-commerce, produzione di software, servizi internet e media, trasporti e cibo a domicilio.
Nel corso degli anni, queste aziende hanno attirato l’attenzione non solo per il loro ruolo ormai quasi “sociale” data la dimensione (basti pensare che, a fine 2022, la forza lavoro delle WebSoft contava quasi quattro milioni di persone in tutto il mondo e che la loro capitalizzazione di mercato aggregata ha raggiunto a novembre 2023 quota 8.767 miliardi di euro, il 9,5% del valore complessivo delle borse mondiali, oltre dieci volte l’intera Borsa Italiana), ma anche per la loro capacità di pagare imposte ridotte, spesso operando in paradisi fiscali o comunque in Paesi dove vige una tassazione agevolata. Caratteristica che ha portato i governi di tutto il mondo a lavorare per definire una regolamentazione che possa mettere la parola fine a tutta la serie di agevolazioni fiscali di cui godono questi giganti del Web.
Proprio a proposito di tasse, l’evidenza più interessante emersa dall’indagine di Mediobanca è che, nel 2022, circa un terzo dell’utile ante imposte delle maggiori WebSoft mondiali è stato tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale di 13,6 miliardi di euro nel 2022 e di 50,7 miliardi cumulati nei quattro anni 2019-2022. La tassazione media si attesta al 15,1% nel 2022, inferiore all’aliquota teorica del 21,9%, calcolata in base al Paese di residenza delle multinazionali del Web. Nel periodo 2019-2022, la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent, Microsoft e Alphabet un risparmio fiscale rispettivamente di 19,2 miliardi di euro, 12,3 miliardi di euro e 7,1 miliardi di euro.
Guardando all’Italia, dal 2024 dovrebbe diventare operativa anche nel nostro Paese la Global Minimum Tax che porterà ad applicare l’aliquota del 15% sugli utili realizzati dalle multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni.
Le WebSoft presidiano l’Italia tramite società controllate, ubicate in gran parte al Nord, soprattutto a Milano e provincia. Il fatturato aggregato delle filiali italiane dei giganti del WebSoft, che contano circa 26.400 lavoratori dei quali 16.250 di Amazon, ha raggiunto 9,3 miliardi di euro nel 2022, con 162 milioni versati al fisco italiano, per un tax rate effettivo del 28,3%. Considerando anche l’accantonamento per il pagamento della Digital Service Tax, il tax rate salirebbe al 36%.
Oltre alla malizia nella fiscalità, le big del WebSoft si contraddistinguono per una crescita a doppia cifra, una considerevole capitalizzazione di mercato e la mancanza di interferenze da parte di azionisti eccessivamente influenti. Riguardo a quest’ultimo aspetto, diverse aziende WebSoft, tra cui Alphabet, Facebook e le società cinesi JD.com e Baidu, hanno adottato una struttura a voto multiplo, suddividendo le azioni in categorie multiple con diritti differenziati. Tale sistema consente ai fondatori di mantenere il controllo completo dell’azienda senza detenere la maggioranza del capitale sociale.