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La politica monetaria ed il supporto alla “sostenibilità” del debito pubblico

Non esiste governo nella storia della Repubblica italiana che non abbia affermato la propria intenzione di diminuire il debito pubblico attraverso una crescita del PIL (quindi con un miglioramento del rapporto debito PIL) oppure con il semplice  controllo della spesa pubblica corrente.

Nel 1994, tra maggio e agosto, lo spread viaggiava tra i 300 punti base fino ai 410 nell’agosto per arrivare a 675 nel 1995 con il governo Dini. Il dato più impressionante tuttavia era relativo alle spese per interessi cioè il costo al servizio del debito stesso. A fronte, infatti, di un debito di 1.151 miliardi di lire nel 1995 il costo pagato dallo Stato come interessi sul debito stesso era di circa 109 miliardi per giungere a 115 nell’anno successivo,  il  1996. Emerge quindi evidente come la percentuale degli interessi sul debito raggiungesse in valore la soglia del 10% del debito stesso.

In altre parole, lo stato italiano emetteva titoli del proprio debito con l’obiettivo di pagare alla scadenza gli interessi dimostrando come la crisi finanziaria iniziata nel 1992 (governo Amato), che portò al prelievo forzoso del 6X1000 sui conti correnti degli italiani, risultasse  ben lungi dall’essere risolta.

Il terribile combinato, quindi, tra una finanza pubblica fuori controllo (esattamente come nel periodo attuale) ed una valuta debole (cara invece ai “sovranisti”) abbia portato le spese di servizio al debito ad oltre la soglia del 10%. Un rapporto finanziario assolutamente insostenibile e che di fatto annulla ogni valore alle ridicole teorie sovraniste che auspicano un ritorno alla Lira e quindi ad una valuta che attualmente risulterebbe  ancora più debole di quanto non risultasse a metà degli anni ‘90. Nel 1995 il debito pubblico era di 1.151 miliardi di lire, espressi in euro diventano 594 milioni di euro. Quindi, considerato che ad oggi il nostro debito pubblico è di oltre 2.356  di euro se abbinato ad una valuta debole, il quadro economico finanziario risulterebbe insostenibile per il nostro paese.

Il debito pubblico successivamente agli anni ’90 è continuato ad aumentare fino all’esplosione assolutamente attribuibile agli ultimi governi Monti- Letta-Renzi-Gentiloni come a quello  attuale. L’unica costanza che accomuna questi governi viene rappresentata dalle irresponsabili affermazioni dei vari ministri dell’economia dei diversi governi alla guida del nostro Paese sempre relativamente al “ritrovato controllo della gestione della spesa pubblica come della riduzione del debito stesso”.

Viceversa il debito risulta sempre aumentato ad una velocità addirittura doppia rispetto alla crescita del PIL dimostrando ancora una volta come le nuove risorse finanziarie venissero utilizzate al fine di finanziare la sola spesa corrente e non gli investimenti infrastrutturali , gli unici che si possano trasformare in fattori competitivi.

La grande differenza rispetto al 1995 viene, però, rappresentata proprio dalla presenza dell’Euro il quale risultando espressione di una comunità economica internazionale (UE) e attraverso le politiche monetarie fortemente espansive della BCE (anticicliche nell’intenzione  dell’istituto finanziario europeo) ha permesso l’esplosione del nostro debito mantenendo i tassi vicini allo zero, come negli ultimi tre anni anche al Quantitative Easing. In questo periodo infatti, a fronte di oltre 2.356, la spesa per i servizi al debito risulta  essere di circa 64 miliardi di euro. Quindi il costo del debito è inferiore al 3% rispetto all’oltre 10% nel 1995-96. Oltre sette  (7) punti percentuali di minore costo rappresenta la motivazione fondamentale per cui tutti i governi italiani abbiano deciso di  aumentare  la spesa corrente interamente a debito in quanto il costo  aggiuntivo in interessi  risultava  risibile. Un aspetto, ma soprattutto un effetto, della politica monetaria espansiva della BCE che dovrebbe indurre i vertici dell’Istituto europeo a fornire dei parametri maggiormente precisi relativi all’utilizzo della nuova liquidità. Al fine di evitare appunto come è successo, soprattutto con il Q.E., di  creare le condizioni di una “sospensione da ogni valutazione finanziaria e quindi da  ogni responsabilità” per le politiche dei  governi dell’ultimo periodo i quali hanno utilizzato la liquidità  con successivi azzeramenti del costo del denaro non per ridurre il peso del debito ma per inaugurare nuovi capitoli di spesa corrente (80 euro del  Governo Renzi, reddito di cittadinanza del governo Conte).

In altre parole, una politica monetaria espansiva ed anticiclica con iniezioni di liquidità unita ad una valuta stabile (euro) rende “sostenibile o meglio gestibile ” l’esplosione della spesa corrente al debito e l’aumento relativo dei costi al servizio del debito pubblico di fatto sospendendo da ogni responsabilità i governi stessi.

In questo conteso la sola idea di avere contemporaneamente un sovranismo monetario ed un implicito ritorno ad una valuta debole (lira) amplierebbe il già insostenibile divario tra i costi attuali del nostro debito e quelli del 1995/96  (+7%) a causa del volume del debito attuale, dimostrando come sia  ancora una volta privo di ogni sostenibilità finanziaria il sovranismo valutario ed economico.

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