Attualità

La vera diarchia

Molto spesso nell’analisi del declino economico-culturale del nostro Paese viene indicato tra i responsabili il potere politico nelle sue diverse articolazioni. Altrettanto spesso tale individuazione risulterebbe corretta ma sostanzialmente superficiale in quanto lo stesso potere politico  è espressione o, meglio, braccio operativo di una diarchia molto più potente che utilizza ogni articolazione politica per ottenere i propri obiettivi. La prima forma di questo potere è rappresentato sicuramente dalla gestione del credito che rappresenta la vera ed assoluta forma di potere in un Paese che da sempre declina verso un debito pubblico e che soprattutto non ha ancora compreso come la gestione dello stesso, ad un livello fisiologico, rappresenterebbe di per sé una forma di libertà e, di conseguenza, di limitazione del potere della gestione credito stesso.

Il sistema bancario, i cui disastri nella gestione pubblica con il  fallimento del Banco di Napoli e Banca di Sicilia rappresentano una delle immagini più compromesse della commistione tra interessi privati e potere politico nella sua declinazione verso il controllo e la gestione privati, ha raggiunto livelli di degrado inimmaginabili. A livello internazionale infatti va ricordato che l’inizio della crisi esplosa del 2008 negli Stati Uniti con la crisi del debito sub-prime ha trovato origine nella scellerata decisione da parte del presidente degli Stati Uniti Clinton di togliere la divisione tra banche d’affari e banche commerciali. Questa scelta politica, di fatto, ha dato inizio alle dinamiche finanziarie suicide con la complicità della Federal Reserve che adottò una politica monetaria molto espansiva per offrire linfa allo sviluppo ma che contemporaneamente  ha portato alla devastante crisi finanziaria dei mutui sub-prime.

La seconda forma di potere che assume le più diverse forme politiche sia di centro-sinistra che di centro-destra risulta quello della spesa pubblica. Basterebbe infatti analizzare l’andamento della percentuale dedicata alla spesa in conto capitale (le risorse finanziarie destinate agli investimenti strutturali con ricadute elettorali molto più dilazionati nel tempo) in continua diminuzione fino alla percentuale infinitesimale attuale per comprendere come in buona sostanza la spesa pubblica rappresenti il vero ed unico modo adottato per acquisire quel consenso elettorale distribuendo vantaggi ed esenzioni fiscali come anche reddito di cittadinanza ingresso al sistema pensionistico o assunzioni clientelari o elargizioni di ottanta euro.

La costante fondamentale di tutti i governi che si sono alternati negli ultimi quarant’anni  alla guida del nostro Paese nasce appunto dalla commistione tra i partito della spesa pubblica (mai diminuita a fronte di dichiarazioni menzognere senza dignità) unito alla gestione credito dal quale le politiche governative hanno trovato il sostegno finanziario  legiferando di conseguenza sempre a favore degli stessi Istituti bancari, vedi sostenitori della politica della spesa pubblica.

In questo contesto di complicità, la via per uscire da questa diarchia nefasta viene ora rappresentata  dall’unica opzione della riduzione del debito pubblico. Entrambi i soggetti di tale diarchia traggono la propria forza dall’aumento della spesa  stessa e, contemporaneamente e conseguentemente, del debito pubblico: prova ne è come entrambi avversino la proposta in ambito europeo  di porre un limite alla detenzione di titoli di debito pubblico presso gli istituti privati presentata e proposta dalla Germania. La perdita di peso del debito all’interno del sistema economico italiano infatti renderebbe la politica stessa e il  sistema italiano nel loro  complesso  meno influenzabili  dal mondo finanziario.

Un obiettivo che, al di là delle ricette fantasmagoriche che ogni governo periodicamente propone, deve partire con una parallela ma decisa riduzione o quantomeno ottimizzazione della spesa pubblica i cui risparmi così ottenuti vengano utilizzati per una costante e graduale riduzione della pressione fiscale quanto del debito pubblico. Attraverso la spesa pubblica, ma soprattutto attraverso il debito, lo Stato diventa il primo concorrente nel reperimento di risorse finanziarie del sistema imprenditoriale, una situazione aggravata dalla deriva finanziaria degli stessi istituti di credito.

In un contesto così incestuoso tra due espressioni di interessi diversi che operano assieme nell’unica direzione del proprio  vantaggio la riduzione del debito pubblico  rappresenta l’unica soluzione per rompere questo sodalizio che sta strangolando la nostra economia e ridare valore alla politica economica ed in definitiva alla democrazia italiana.

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