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Legge di bilancio 2020: cambia nuovamente il regime forfettario

Il presente articolo rappresenta il primo di una serie di contributi che vorrei dedicare alle novità introdotte dalla legge di bilancio 2020 (L. 160 del 27/12/2019) che ritengo possano avere maggior impatto sui contribuenti e quindi possano destare maggior interesse.

Analizzeremo oggi il regime forfettario di cui alla legge 190/2014 che è stato oggetto, negli anni, di vari maquillages che ne avevano esteso la portata applicativa, per giungere alla versione attuale che ne ridimensiona la diffusione aumentando le cause di esclusione.

In proposito, dal 1 gennaio 2020, il regime forfettario sarà applicabile dagli imprenditori ed esercenti arti professioni purché, nell’anno precedente (quindi, 2019 con riferimento al 2020) abbiano conseguito ricavi o compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro e abbiano sostenuto spese per lavoro dipendente per importi non superiori a 20.000 euro. Quest’ultimo limite è stato reintrodotto dalla recente legge di bilancio discriminando, ingiustamente a nostro parere, le attività con più intenso utilizzo di manodopera e quindi con possibili ricadute negative in termini occupazionali.

E’ preluso l’accesso al regime, come in precedenza, nel caso di esercizio di attività che prevedano regimi speciali iva, in caso di residenza fiscale estera (salvo alcuni particolari casi) e compimento in via esclusiva o prevalente di cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi. Ritengo quest’ultima fattispecie più di scuola che altro, essendo alquanto improbabile rispettare i limiti di fatturato previsti cedendo fabbricati.

Sono impossibilitati ad accedere al regime anche coloro che posseggano contemporaneamente redditi da partecipazione in società di persone, associazioni o imprese familiari. E’ altresì causa di sbarramento, introdotta con evidenti scopi anti elusivi, il controllo (diretto o indiretto) di società a responsabilità limitata o di associazioni in partecipazione che esercitino attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dal contribuente. A tal proposito, a titolo di esempio, nulla osta all’applicazione del regime forfettario al commercialista che controlli una società a responsabilità limitata operante nel settore della ristorazione.

Con analogo spirito anti elusivo, nel 2018, in fase di revisione del regime, era già stata introdotta la norma (oggi confermata) che escludeva la possibilità di adire al regime laddove l’attività fosse esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in essere, o erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi di imposta. La causa non opera in caso di pensionamento obbligatorio o laddove la cessione del rapporto sia avvenuta anteriormente ai due periodi di imposta.

Con la legge di bilancio 2020 è stata reintrodotta la condizione ostativa di accesso al regime qualora il contribuente, nell’anno precedente, abbia conseguito redditi da lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro. Nulla osta in caso di cessazione del rapporto di lavoro nell’anno precedente purché non ne sia intervenuto uno nuovo ancora in essere al 31 dicembre o non si siano conseguiti redditi da pensione.

Anche con riferimento a questa soglia di sbarramento, sinceramente, non si ravvisa la ratio della norma apparentemente introdotta con il solo intento di impedire l’accesso al regime di vantaggio in concomitanza con il possesso di redditi da lavoro dipendente oltre soglia. A tal proposito, forse, non si sono valutati attentamente gli effetti sulla propensione ad adottare comportamenti tesi all’evasione delle imposte, o alla rinuncia all’attività, dettati dall’impossibilità di aderire al regime forfettario.

Regime forfettario che non solo prevede una tassazione sostitutiva al 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività) ma che consente notevoli semplificazioni amministrative e contabili il cui appeal è forse maggiore del rapporto di tassazione. Si pensi all’esclusione da tutti gli adempimenti IVA e IRAP nonché dagli ISA.

La sommatoria degli effetti, maggior tassazione dettata dal cumulo dei redditi e maggiori oneri amministrativi, nonché la soggezione agli indici di affidabilità fiscale (ISA), che spesso in condizioni di esercizio di attività marginali potrebbero dare risultati non sufficienti, potrebbero essere un valido incentivo a tentare di occultare le prestazioni eseguite con evidenti danni per l’erario e la collettività intera. Specularmente, i contribuenti più virtuosi e meno avvezzi a comportamenti illeciti, potrebbero essere disincentivati a intraprendere attività in mancanza di accesso al regime forfettario per l’eccessivo carico fiscale che ne deriverebbe e per gli adempimenti amministrativi richiesti con analoghe conseguenze negative in termini di gettito per l’erario e per la collettività che ne risulterebbe impoverita.

A parte queste considerazioni personali, che spero siano smentite nei fatti, i pensionati e i lavoratori dipendenti siano avvisati: al conseguimento di redditi superiori ai 30.000 euro l’accesso al regime forfettario per l’eventuale attività di lavoro autonomo svolta è preclusa.

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