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L’inflazione di genere: una nuova pagina

La semplice rilevazione dei tassi di inflazione spesso non rende il quadro complessivo ma neppure quello specifico, e soprattutto non offre le coordinate necessarie nella elaborazione delle strategie per combatterne non solo i nefasti effetti ma soprattutto le ragioni scatenanti dell’aumento dei prezzi.

Durante l’ultima rilevazione l’inflazione si è attestata al +11,9%, un dato che già indica chiaramente il livello di usura del potere di acquisto dei cittadini come quello della depatrimonializzazione dei risparmi nei depositi liquidi.

A questa situazione si aggiungono altri dati, sempre relativi al tasso di inflazione, ma specifici per altri settori merceologici fondamentali nel tentativo di elaborazione di una strategia di contrasto. Nell’ambito dei beni alimentari si registra, infatti, un aumento annuale dei prezzi del +14,1% (*), ma con picchi di vera e propria esplosione inflattiva per l’olio di semi +64%, del burro con un +34% mentre la farina segna un +23%, vicina al riso ed alla pasta con un +22%.

Una spirale inflattiva, che ha già determinato una riduzione generale dei consumi nell’anno in corso e che indurrà, solo per offrire uno scenario futuro, il 60% della popolazione ad una diminuzione della spesa natalizia per regali e alimentari.

In questo complesso e problematico scenario andrebbe considerato come il settore alimentare, nello specifico, paghi, per sua stessa natura, una maggiore incidenza del costo del trasporto sul prezzo finale al consumatore.

Nonostante questo settore fondamentale e primario sconti un tasso di inflazione già ora decisamente superiore rispetto a quello generale, ed il suo impatto sia decisamente maggiore in particolare modo per le famiglie con fasce di reddito inferiore, la scelta del governo in carica di diminuire gli sconti fiscali per il gasolio risulta quindi scellerata e con ripercussioni pericolose.

Non è difficile immaginare come un ulteriore aumento dei costi di trasporto determinerà un rafforzamento “dell’inflazione alimentare” la quale ridurrà ulteriormente la capacità di acquisto specialmente per le fasce di reddito più basse.

All’interno di un simile contesto, e con una pressione fiscale già attestata nel 2022 alla cifra record del 43,8% (**), un ulteriore incremento della medesima determinerà lo scenario ideale per una recessione economica senza precedenti, anche rispetto a quanto si verificherà per gli altri paesi della stessa Unione europea.

L’inflazione, specialmente se esogena, cioè determinata da fattori esterni (impennata costi materie prime ed energetici determinate dalla pandemia e dalla guerra ucraina), può venire attenuta nei propri effetti solo attraverso una compensazione fiscale generale, magari anche solo parziale, ma mai con bonus parziali e tanto meno con una riedizione dei fallimentari Bonus familiari di genesi tremontiana.

Viceversa, si aggiunge così una nuova pagina al libro “L’ analfabetismo economico” del nostro Paese alla cui realizzazione concorrono da oltre trent’anni indistintamente le classi politiche e governative italiane.

(*) www.corrierecomunicazioni.it

(**) Cgia di Mestre

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