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L’inflazione green

Mentre negli Stati Uniti la corsa dall’inflazione sembra rallentare (+5%), tanto è vero che la Fed probabilmente aumenterà di soli 25 punti il tasso di interesse, in Italia (+8,3% e nel settore alimentare +11%) ed in Europa (+7,4%) l’inflazione rialza la testa.

Non è il solo dato allarmante in quanto il calo dei consumi si attesta ad oltre il -5% nel settore alimentare, come le due consecutive flessioni dalla produzione industriale (-2.3% sul 2022). Diminuzioni importanti le quali, tuttavia, non determinano alcuna ripercussione relativa ad un conseguente abbassamento dei prezzi imputabile proprio ad una flessione della domanda.

Ancora una volta, quindi, l’inflazione, a differenza di quanto potessero credere i titolari delle banche centrali ma soprattutto la Bce, non era determinata da una crescita della domanda aggregata (in Europa) mentre negli Stati Uniti sicuramente, in quanto la sua flessione attuale non ne determina alcuna diminuzione. Basti ricordare come anche in Germania la riduzione degli acquisti abbia raggiunto il -8,3% contro la quale il governo si sta attivando con delle politiche di sostegno al reddito.

Uno degli ulteriori fattori preoccupanti relativo all’economia e alla sua comprensione, viene fornito dal costo dei noli marittimi che in un anno è passato da 16.000 dollari nel 2022 a meno di 2.000 nel 2023.

All’interno di un’economia globale rappresenta sostanzialmente l’arresto dei flussi commerciali soprattutto per quanto riguarda i beni intermedi.

L’inflazione, quindi, all’interno di un mercato con una domanda complessiva in flessione, si conferma comunque come assolutamente impermeabile alle politiche monetarie e alle fluttuazioni della domanda e dell’offerta. Uno scenario che ci riporta alle dinamiche dei mercati globali all’interno dei quali i postulati economici, tanto cari al mondo politico ed accademico, hanno perso ogni valore e soprattutto capacità di incidere sull’andamento economico complessivo.

Andrebbe ricordato, infatti, come investire invece cocciutamente in un unico settore come quello edilizio in Italia o, peggio ancora, in Europa nella ipotetica transizione Green, rappresenti la condizione ideale per trasferire le aspettative di inflazione dal mercato singolo ai mercati in generale come “sentiment”.

In altre parole, invece di combattere gli effetti della crisi economica attraverso un intervento complessivo forse meno incisivo sotto il profilo finanziario, ma in grado di coinvolgere l’intero settore economico ed industriale, come quello dei servizi attraverso, per esempio, occorrerebbe una riduzione dei carichi fiscali.

Si è deciso, in preda ad un reale delirio ideologico, di investire solo ed esclusivamente nel settore di un’ipotetica transizione Green. Questa, oltre a essere irraggiungibile nei tempi, tuttavia ha determinato la creazione di aspettative di inflazione per tutti i settori economici ed ovviamente creato le condizioni per fenomeni speculativi.

Non esistono, infatti, altre giustificazioni se non legate alla esplosione dei costi delle terre rare e di quanto legato al singolo settore, espressione di un incremento esponenziale della domanda proprio come limpida conseguenza dell’ideologia ambientalista adottata dall’Unione Europea.

La responsabilità, quindi, di questa impennata dell’inflazione dovrebbe essere attribuita proprio al fenomeno settoriale della transizione Green, in più in Italia con il bonus 110%, che ha escluso tutti gli altri settori in difficoltà facendone pagare però l’inflazione come espressione della crescita esponenziale di un singolo settore.

Per quanto si possa accreditare una certa impreparazione generale alla classe dirigente europea, accecata da un furore ideologico senza precedenti, sulla base della quale si pongono in secondo piano le aspettative legittime di una crescita economica dopo due anni di pandemia e in piena guerra ucraina, i dubbi relativi anche ad una onestà intellettuale diventano legittimi.

Il fallimento clamoroso di questa politica viene espresso dalla terrificante sintesi del calo dei consumi assieme all’aumento dell’inflazione.

In altre parole, ci si avvicina ad una possibile stagflazione già ora comunque imputabile all’ideologia espressa da una ipotetica transizione ecologica.

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