Attualità

Lo Stato di minoranza

Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli

Come istituzione lo Stato dovrebbe rendersi interprete dell’interesse dei propri cittadini, grazie all’opera degli organi istituzionali titolari dei poteri esecutivo, legislativo e giurisdizionale.

In altre parole, ci dovrebbe essere in uno stato democratico la completa e totale identificazione degli obiettivi statali con le aspettative della maggioranza degli amministrati. Questo tipo di risultato può venire ottenuto e soprattutto mantenuto solo all’interno di una democrazia diretta, nella quale i cittadini possano esprimere la propria opinione sulle più diverse questioni di ordine economico, fiscale, politico ed anche infrastrutturale come attualmente solo in Svizzera avviene.

Viceversa l’entità statale elabora una propria indipendente priorità di obiettivi politici, economici e, nell’ultimo decennio, anche ambientali ed etici, questi ultimi sicuramente importanti ma comunque espressione di una minoranza, in virtù di una presunta superiorità intellettuale la cui sola legittimazione deriva dal semplice mandato elettorale.

Come logica conseguenza in questo caso lo Stato non solo diventa una istituzione non più in grado di interpretare le necessità dei cittadini ma addirittura neppure interessata alla loro conoscenza, così da rendersi distaccato e lontano ed alla fine autoritario, infatti uno Stato minoritario si dimostra tale quando la propria classe politica manifesta interesse solo ed esclusivamente per le aspettative delle minoranze.

In quest’ultimo caso le due forme di sostentamento e di mantenimento dello Stato vengono rappresentate dalla gestione della spesa pubblica sempre in continuo aumento. In più, a questa forma di potere si aggiunge la gestione del credito esercitata da un sistema bancario che sostiene, in complicità con lo stato, l’esplosione del debito pubblico (*).

Per ottenere il mantenimento di questa diarchia, lo Stato inevitabilmente non cerca di migliorare l’efficienza della spesa pubblica, e conseguentemente il benessere dei propri cittadini, ma canalizza tutte le proprie attenzioni verso obiettivi ancora una volta politici ed etici come la lotta alla evasione, in quanto l’obiettivo principale non è quello di razionalizzare la spesa, in relazione alla cui efficienza l’Italia è al 123° posto dietro ad Haiti, ma di aumentare la dotazione finanziaria della stessa e di conseguenza il potere di chi lo gestisce.

All’interno infatti di una spesa pubblica che ha raggiunto i 1.129 miliardi e ben oltre il 57% del PIL, avrebbe un effetto minimale il recupero anche dell’intera evasione fiscale e contributiva attuale attorno agli 82 miliardi di imponibile.

La sua resa finanziaria risulterebbe di circa 42 miliardi, anche applicando l’aliquota massima, il recupero totale, in ultima analisi, si attesterebbe al 3,5% della spesa pubblica totale. Quindi affermare che la sola lotta all’evasione possa essere la soluzione per sanare gli squilibri ingiustificabili causati dalla stessa spesa pubblica rappresenta un controsenso o peggio la tipica espressione di uno Stato assolutamente minoritario.

Con questo termine si definisce quella entità statale espressione di una democrazia malata con un sistema elettorale bloccato dagli stessi partiti all’interno della quale la delega non rappresenta più una garanzia di democrazia, ma semplicemente una cambiale in bianco che viene utilizzata per sostenere e sviluppare interessi particolari.

In questo contesto ecco allora che Stato ponendo la sua attenzione e la propria tecnologia digitale nella sola lotta all’evasione, causata anche dai “materassi normativi” creati da ogni governo, in barba a qualsiasi tutela della privacy utilizza sempre più strumenti invasivi della legittima sfera personale (**) assumendo sempre più i connotati orwelliani. Mentre se il medesimo impegno venisse indirizzato nel combattere i reati “minori”, ai quali la pessima riforma Cartabia del governo Draghi ha annullato la procedibilità d’ufficio, probabilmente i reati contro il patrimonio potrebbero sicuramente essere contrastati con maggiore efficienza.

Risulta evidente, quindi, come l’attuale entità statale ora rappresenti non più gli interessi della comunità, ma semplicemente lo strumento per il conseguimento di interessi particolari sostenuti finanziariamente attraverso la spesa pubblica e la gestione del credito.

In fondo non si rileva una grande differenza nella elaborazione delle priorità, espresse anche in sede europea, tra le teocrazie islamiche e gli attuali asset istituzionali minoritari attualmente espressi sia dall’Italia che dalla stessa Unione Europea.

(*) novembre 2018 https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-vera-diarchia/

(**) giugno 2024 https://www.wallstreetitalia.com/anonimometro-gia-operativi-i-controlli-sui-conti-correnti/

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