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Made in Italy: valore economico, etico e politico

Le delocalizzazioni produttive rappresentavano il trasferimento del vantaggio culturale e tecnologico (espressione dell’evoluzione tecnica e culturale) dei paesi occidentali ai paesi a basso costo manodopera.

All’interno di questo processo produttivo, frutto dell’applicazione dell’aspetto speculativo tipico del mondo finanziario al mondo industriale, si inserisce una nazione come la Cina che utilizza la propria struttura politica, certo non soggetta ad approvazione elettorale, per rendere ancora più vantaggioso il costo del lavoro cinese con i carcerati di una minoranza etnica e religiosa all’interno delle strutture produttive (https://it.fashionnetwork.com/news/Cina-molti-grandi-marchi-legati-al-lavoro-forzato-degli-uiguri-,1193322.html). Non è più tollerabile per i consumatori occidentali accettare prodotti made in China frutto non tanto di economie in scala a basso costo di manodopera ma anche della volontà di uno Stato dittatoriale che utilizza i propri sudditi detenuti. In questo senso, infatti, va inserita la proposta di legge statunitense Shop Safe Act la quale attribuisce la responsabilità anche al gestore dell’e-commerce nel caso di una proposta commerciale di prodotti contraffatti made in China, rispondendo così in modo attivo alle richieste dell’American Apparel &Footwear Associaton che aveva sollevato questo problema in nome ed in rappresentanza di oltre mille aziende associate.

Ovviamente in Italia iniziative del genere da parte delle associazioni di categoria risultano nulle come l’annunciata blockchain ministeriale che si è arenata per mancanza di fondi.

Tornando quindi allo sfruttamento di maestranze già sotto il vincolo della detenzione risulta evidente come questa situazione rappresenti una versione 4.0 dello schiavismo, con buona pace dei sostenitori dell’economia globale priva di un senso e soprattutto di un quadro normativo generale a tutela del lavoro condiviso.

In questo contesto privo di ogni minimo comune denominatore normativo a tutela dei lavoratori le delocalizzazioni rappresentano semplicemente l’extra guadagno per gli azionisti in quanto molto spesso non vengono trasferite sul prezzo finale al consumatore.

Ora più che mai la tutela del Made in Italy rappresenta una risorsa economica ma anche etica e politica. Magari copiando protocolli dello Swiss Made ed iniziative legislative Made in Usa.

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