Non c’è libertà quando non ci si può difendere
Il suicidio del signor Alberto Re, persona di 78 anni che nella vita aveva avuto equilibrio e successi,avvenuto dopo essere stato aggredito via social dimostra, se ancora ce n’era bisogno, come non soltanto i più giovani possano avere la vita sconvolta, fino ad arrivare ad atti estremi, dalla violenza di chi usa la tastiera solo per fare del male e sopperire così alle proprie frustrazioni ed incompletezze.
L’abbiamo detto, lo ripetiamo e lo ripeteremo: internet senza regole e senza gli strumenti per decodificare i messaggi diventa, da strumento utile e spesso necessario, il grimaldello per entrare nelle vite degli altri, per fare del male, per contrabbandare falsità come verità, per insegnare la crudeltà.
Inutile manifestare contro la violenza alle donne, e sarebbe anche ora di manifestare contro la violenza tout court, se non affrontiamo come trovare il modo per impedire che messaggi sbagliati,esempi negativi, pericolosi, immagini violente e sanguinarie, giochi di morte passino continuamente sulla rete avvelenando la vita di troppe persone,specie adolescenti.
Massimo Gramellini scrive “ci vorrebbe un giubbotto antisocial“, io sommessamente mi chiedo come sia possibile che tutti si sentano vivi solo se sono presenti sui social esponendosi così, inutilmente, alle parole di rabbia e di odio che ormai imperversano,mettendo in piazza sentimenti, paure, incertezze, comunque visioni della propria intimità che in ogni momento possono diventare un boomerang
Mi chiedo come non ci si renda conto che la violenza sta montando sempre di più mentre, in nome della libertà, è proprio la libertà ad essere offesa.
Non può esistere la libertà di fare del male agli altri, non c’è libertà quando non hai possibilità di difesa.