Per realizzare la pace occorrono democrazia e rispetto dei diritti fondamentali
Ci sono guerre, tentativi di ritrovare la libertà e la vita, che spesso sono dimenticati, così di Birmania non si parla quasi mai mentre il conflitto civile, dal 2021 ad oggi, è sempre più aspro.
Decine di migliaia di giovani, studenti, professionisti, gente normale, persone comuni sono fuggite dalle città per andare nelle giungla ad unirsi alle milizie che combattono contro l’esercito nazionale baluardo del sanguinoso regime militare.
I villaggi sono bombardati da elicotteri che sparano ovunque e la brutalità dell’esercito ha raggiunto il limite estremo dopo le manifestazioni seguite al processo burletta al quale è stata sottoposta
Aung San Suu Kyi, oggi ormai quasi ottantenne.
Nei primi tempi molti governi avevano protestato ed imposto sanzioni ai generali ma il tempo è passato, altre guerre più vicine hanno distratto l’attenzione, i giovani birmani sono rimasti soli, nella giungla, a sognare la libertà, a difendersi, a vedere uccidere ogni giorno tanti civili, a sopportare ingiustizie e violenze.
In Birmania non ci sono leggi di guerra o diritti civili da rispettare ma il paese, ricco nel suolo e nel sottosuolo, è di proprietà di una casta militare che considera la società divisa tra pochi, che decidono e comandano, e tutti gli altri che devono obbedire e subire mentre le Nazioni Unite tacciono e sarebbero comunque impotenti per come sono oggi organizzate.
È giusto parlare di pace, operare sempre per la pace ma non vi è mai pace quando vi sono soprusi, violenze, quando la libertà ed il diritto sono negati, quando si massacra il proprio popolo, si invade un’altra nazione, si compiono stragi ed azioni terroriste.
Per conquistare la libertà bisogna avere il coraggio di combattere, per realizzare la pace occorrono democrazia e rispetto dei diritti fondamentali.