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Taiwan aprirà un ufficio anche a Milano, dopo quello di Roma

Taiwan punta al raddoppio in Italia ed aprirà un altro ufficio di rappresentanza a Milano dopo quello di Roma. L’iniziativa, ufficializzata dal ministero degli Esteri, ha lo scopo di “continuare ad approfondire gli scambi e la cooperazione” bilaterali “nei settori dell’economia, del commercio, della cultura, dell’istruzione, della scienza, della tecnologia e del turismo”, ma cade in un momento molto delicato dei rapporti tra Roma e Pechino. Il governo italiano deve infatti decidere entro fine anno se rinnovare o meno il memorandum con la Cina siglato nel 2019 sull’adesione alla Belt and Road, la Nuova Via della Seta; e se accettare l’invito a recarsi a Pechino esteso dal presidente Xi Jinping alla premier Giorgia Meloni nel bilaterale di novembre al G20 di Bali. Milano è una “grande città del nord Italia” dove “la maggior parte dei principali Paesi del mondo ha stabilito consolati”, si legge nella nota di Taipei, a ricordare che i suoi uffici negli Stati che non riconoscono formalmente Taiwan fungono da ambasciate o consolati de facto. C’è un volo Taipei-Milano di Eva Air da ottobre 2022, mentre l’altra compagnia taiwanese China Air ha ripristinato di recente il Taipei-Roma, dopo la fine della crisi del Covid-19, a sostegno di un interscambio commerciale vivace che nel 2021 ha sfiorato i 6 miliardi di dollari.

I media dell’isola hanno ricordato l’intervista dello scorso settembre alla Cna, l’agenzia ufficiale taiwanese, con la quale la premier Meloni disse di “pensare a una nuova e più intensa stagione di cooperazione: scambi culturali, turismo, prevenzione e gestione delle crisi sanitarie, ricerca scientifica e progetti nel settore chiave dei microchip, dove Taiwan è leader mondiale”, criticando le azioni assertive di Pechino e le loro implicazioni per l’Italia e l’Ue. Lo scorso novembre i parlamentari taiwanesi hanno lanciato l’Associazione di amicizia Taiwan-Italia per rafforzare i legami bilaterali. Mentre questo mese era attesa una visita a Taipei di una delegazione di parlamentari italiani, poi annullata.

La Cina comunista non ha mai governato Taiwan, ma la considera una parte “inalienabile” del suo territorio da riunificare anche con la forza, se necessario. Dopo le maxi manovre dell’8-10 aprile delle forze armate cinesi a testare un blocco aeronavale intorno all’isola capace di strozzare la sua economia, gli Usa hanno inviato domenica il cacciatorpediniere Uss Milius in “un transito di routine nello Stretto di Taiwan, in acque in cui si applicano le libertà di navigazione e il sorvolo in alto mare in conformità con il diritto internazionale”, a ribadire il proprio impegno “per un Indo-Pacifico libero e aperto”. Il Comando del teatro orientale dell’Esercito popolare di liberazione cinese ha detto di aver “monitorato le operazioni di passaggio della nave”, mantenendo “sempre un alto livello di allerta ad ogni momento”.

La questione Taiwan è stata al centro della ministeriale G7degli Esteri svoltosi a metà aprile in Giappone, che ha sottolineato l’importanza di pace e stabilità nello Stretto e l’opposizione all’uso della forza per cambiare lo status quo, ribadendo la consapevolezza di dover lavorare a relazioni costruttive con Pechino. Dura la risposta cinese. Taipei “è un affare interno della Cina” che esclude “interferenze esterne: malgrado non siano ancora unificate, le due sponde dello Stretto di Taiwan appartengono alla stessa Cina”, ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin. Ma a Pechino sono i documenti del Pentagono finiti su internet a catturare di più l’attenzione. Due valutazioni degli esperti Usa su tutti: l’ammissione, in caso di guerra, della superiorità aerea dell’Esercito popolare di liberazione e i timori verso i missili ipersonici DF-27, che avrebbero “un’alta probabilità” di perforare i sistemi di difesa americani.

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