Tim ed il futuro dell’Italia
Gli effetti della disastrosa vendita a soggetti finanziari privati (Private Equity) del controllo di Eni si sono rilevati nella loro entità durante e successivamente alla pandemia ed alla guerra russo-ucraina.
Con le medesime modalità, e probabilmente tempistiche, la vendita della rete Tim al fondo statunitense Kkr si svelerà all’utenza industriale e familiare durante la prossima crisi internazionale.
Viceversa, come risposta alla crisi post covid, la Francia e la Germania hanno spinto verso una maggiore presenza azionaria statale nelle rispettive società di produzione o gestione energetica. L’obiettivo dichiarato dai massimi esponenti istituzionali era quello di esercitare un maggiore controllo e capacità di influenzare le strategie in modo da assicurare le più basse tariffe energetiche tanto per le imprese, assicurando la loro competitività, quanto per l’utenza domestica in modo da avere una dignitosa qualità di vita (https://www.ilpattosociale.it/attualita/2024-ed-il-mancato-adeguamento-liberale/).
L’Italia, invece, continua nella depatrimonializzazione dei propri asset strategici, tanto in campo energetico, cedendo quote delle proprie multiutility a fondi esteri, quanto nel settore delle telecomunicazioni rinunciando alla principale rete del nostro Paese, vale a dire Tim.
In questo modo si pregiudica ogni strategia di sviluppo economico e, di conseguenza, si allontanano gli investimenti esteri.
Diventa così molto difficile trovare elementi di una qualsiasi scuola economica che possano giustificare una simile deleteria strategia per il futuro dell’Italia.