Costume e Società

Amazon e i lavoratori ancora ai ferri corti

Sciopero e presidio davanti alla sede milanese del colosso dell'e-commerce. Amazon si difende scaricando le responsabilità

Amazon fa nuovamente discutere di sé. Per martedì 26 febbraio Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti hanno indetto uno sciopero tra i conducenti dei veicoli che assicurano le consegne per conto del colosso mondiale dell’e-commerce in Lombardia, territorio che vale ben il 60% del mercato italiano.

I 700 addetti alle consegne in appalto per Amazon in Lombardia hanno incrociato le braccia per protestare contro i carichi e le condizioni di lavoro. Al centro della contestazione infatti ci sono i “ritmi di lavoro estenuanti, un sovraccarico che mette a rischio la sicurezza dei lavoratori e la qualità del servizio”. È proprio in questo ambito che è maturata la protesta. “Torniamo a scioperare nella filiera Amazon – spiega una nota di Filt Cgil, Fit Cisl e Uil Trasporti – per denunciare i carichi di lavoro cui sono sottoposti i driver che tutti i giorni consegnano i pacchi nelle case dei consumatori digitali. Le aziende in appalto per accaparrarsi qualche rotta in più spremono i dipendenti”.

C’è poi anche il tema “picchi” con dipendenti triplicati durante il periodo di novembre-dicembre, ma poi lasciati a casa.

Infine il tema stipendi, un accordo di filiera che i sindacati ritengono non rispettato anche nella parte di “timbratrici” per normare i tempi di lavoro. Da qui la richiesta ad Amazon di intervenire. Ma intanto è scattata la protesta. Il segretario generale della Cgil Maurizio Landini ha portato la solidarietà ai lavoratori in piazza, chiedendo “l’apertura di un tavolo”. “Questi lavoratori – ha spiegato – chiedono di applicare un accordo che prevede la timbratura e condizioni di lavoro meno pesanti e Amazon dovrebbe assumersi la responsabilità di far sì che le condizioni di chi lavora riguardino anche lei e, se non ha niente da nascondere, apra una trattativa”.

Gli hanno fatto eco Annamaria Furlan (Cisl) e Carmelo Barbagallo (Uil). Furlan ha chiesto di far rispettare i contratti e tutelare la dignità di tutti i lavoratori della gig economy, dicendo no ad ogni forma di sfruttamento, a carichi di lavoro eccessivi, a mancata sicurezza. Per Barbagallo invece “non è accettabile che il sistema dell’impresa 4.0 si trasformi in una sorta di caporalato 4.0”.

Nella sua replica Amazon tiene innanzitutto a precisare che “Amazon richiede che tutti i fornitori dei servizi di consegna rispettino le leggi vigenti e il Codice di Condotta dei Fornitori di Amazon, che prevede salari equi, orari di lavoro e compensi adeguati: effettuiamo verifiche regolari e conduciamo indagini su qualsiasi segnalazione di non conformità”.

Quanto ai carichi e ritmi di lavoro “il numero di pacchi da consegnare è assegnato ai fornitori di servizi di consegna in maniera appropriata e si basa sulla densità dell’area in cui devono essere effettuate le consegne, sulle ore di lavoro, sulla distanza che devono percorrere. Amazon assegna le rotte ai fornitori di servizi di consegna che poi le assegnano ai loro autisti sulla base della loro disponibilità”.

In merito invece al non rispetto degli orari di lavoro l’azienda fa sapere: “Non è assolutamente vero. Circa il 90% degli autisti termina la propria giornata di lavoro prima delle 9 ore previste. Nel caso in cui venga richiesto straordinario, viene pagato il 30% in più come previsto dal contratto nazionale Trasporti e Logistica”.

 

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