Il pericolo dell’accoppiamento tra cani consanguinei
Da molto tempo e da più parti vi sono state segnalazioni di cani, acquistati presso allevamenti, che hanno, dopo i primi mesi, manifestato diverse patologie o turbe caratteriali.
La ricerca di un cane sempre più corrispondente ai desideri dei possibili acquirenti ha portato, complice anche una non scusabile ignoranza della genetica ed una imperdonabile volontà di ottenere il massimo risultato con la minima spesa, alcuni allevamenti a procedere ad accoppiamenti tra cani strettamente consanguinei.
Questa pratica è diventata talmente diffusa e pericolosa, per la salute degli animali e per il mantenimento delle caratteristiche di ogni diversa tipologia di cane, da portare finalmente ad un intervento ufficiale che stabilisce quanto va assolutamente vietato.
L’eccessiva consanguineità porta ad un grave indebolimento del sistema immunitario, alla trasmissione di patologie ereditarie, ad una minore longevità, all’aumento dell’infertilità e della mortalità dei feti e dei cuccioli, alla riduzione del pool genetico solo per fare alcuni esempi.
Coloro che desiderano un’informativa più completa sul problema che trattiamo in questo numero del Patto Sociale possono documentarsi anche leggendo la lunga e puntuale relazione pubblicata dalla rivista I nostri cani, numero di aprile, redatta dal professore Michele Polli e dal ricercatore Stefano Marelli del dipartimento di Medicina veterinaria e scienze animali dell’Università di Milano.
Gli allevatori di cani gestiscono di norma un numero limitato di esemplari per la riproduzione e questo incide sull’efficacia con la quale si riesce ad allevare cani che si tramandino le caratteristiche migliori. Poiché le razze canine sono un numero chiuso, l’accoppiamento tra consanguinei non è infrequente (perché l’ambito entro cui trovare cani di analoga razza da far accoppiare non è molto vasto) e di conseguenza (visto anche l’alto tasso di consanguineità che si registra spesso tra i cani accoppiati) è più difficile garantire la procreazione di esemplari per ciascuna razza sani e coi tratti migliori della razza stessa. L’evidenza empirica attesta infatti che la consanguineità (particolarmente stretta tra genitori e figli o fratelli e fratellastri) porta non di rado a esemplari di salute cagionevole e a un tasso di mortalità e di minor longevità non trascurabile.
Attraverso le «norme tecniche del libro genealogico del cane di razza» emanate col decreto ministeriale n. 116130 del 22 febbraio 2023 ed in vigore dal prossimo 1 settembre viene vietato l’accoppiamento tra consanguinei stretti. O meglio, come recita il testo normativo: «Non possono essere iscritti negli albi genealogici cani nati dall’accoppiamento tra genitori e figli, cani nati dall’accoppiamento tra fratelli pieni o mezzi fratelli, cani nati da fattrici di età inferiore a 16 mesi». Chi sia iscritto al Registro degli allevatori e dei proprietari viene quindi disincentivato dal procedere a questi accoppiamenti, perché – come si legge ancora al punto 1 dell’articolo 6 delle norme in questione – «Eventuali piani di allevamento che eccezionalmente contemplino accoppiamenti nelle consanguineità strette non consentite dal presente articolo dovranno essere sottoposti alla Commissione Tecnica Centrale per una preventiva autorizzazione» (la commissione in questione è quella dell’Eni).
La norma mira a favorire il ricorso a un maggior numero di riproduttori da parte del singolo allevatore, a non affidarsi insomma a un numero ristretto (se non solo a uno) di riproduttori, così da evitare o almeno ridurre gli effetti frequenti dell’accoppiamento tra consanguinei, vale a dire: depresso da consanguineità; alleni recessivi, omozigosi e riduzione del pool genetico; alleni deleteri, malattie ereditarie e malformazioni congenite; diminuzione della fertilità e aumento della mortalità dei cuccioli alla nascita; indebolimento del sistema immunitario.
Fondamentalmente, il punto è questo: quanto più un cane è figlio di genitori tra loro originariamente estranei (cioè non consanguinei), tanto più alto e ricco sarà il suo patrimonio genetico (tanto più vari saranno i suoi alleli) e tanto più raro sarà che nella sua fisiologia si manifestino quelle caratteristiche genetiche che lo rendono più debole, più aggredibile da malattie, mentre al contrario tanto più facilmente si manifesteranno quei tratti che garantiscono la salubrità e la specificità della razza canina cui appartiene. Insomma, meno in comune hanno i genitori, tanto più sana e bella, robusta, longeva e prestante sarà la cucciolata.
Controlli veterinari ed esami del Dna, va da sé, sono l’ovvio corollario per coadiuvare i cani stessi ad accoppiarsi nel modo migliore per assicurare cucciolate di tal fatta.