Costume e Società

Le Nanas di Niki de Saint Phalle al Mudec di Milano

Lotta alle disuguaglianze, difesa dei diritti, esaltazione del corpo femminile con una potenza iconica di notevole impatto visivo. E’ il grande impegno sociale, fatto di forme e colori, della poliedrica artista Niki de Saint Phalle alla quale il Mudec di Milano dedica la prima retrospettiva italiana in un museo civico con 110 opere, di cui una decina di grandi dimensioni. Visitabile fino al 16 febbraio 2025, la mostra è prodotta da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, promossa dal Comune di Milano-Cultura in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation.

Prima artista ad esporre in uno spazio a cielo aperto proprio nel nostro Paese la Saint Phalle ha lasciato un segno indelebile e unico con il Giardino dei Tarocchi a Capalbio. Amatissima oggi, ancora più di vent’anni fa, la sua opera parla di inclusione e di libertà grazie alle sue enormi Nanas che scardinano ogni idea preconcetta di bellezza femminile.

Pittrice, scultrice, autrice di film sperimentali, performer Niki de Saint Phalle  sfugge a una definizione univoca. Indipendente e orgogliosa della sua arte, fragile e inquieta esprime la propria identità attraverso la femminilità, la sensualità e l’amore per la vita come creazione.

Ventenne bella e ribelle, negli anni Cinquanta si accorge presto che la storia raccontata alle donne sui ruoli di moglie, madre e sposa le va stretta. Si rivolge all’arte, dunque, per esprimere il suo dissenso, per reagire al dolore e alla violenza subita dalle donne. È attraverso una serie di performance in cui spara contro un quadro bersaglio che fa la sua entrata sulla scena artistica parigina agli inizi degli anni Sessanta. Mai riconosciutasi in alcun movimento o tendenza, sapeva che poche erano state le donne scultrici nella storia dell’arte e ancora meno quelle che si erano confrontate con la scultura nello spazio pubblico. E il Giardino dei Tarocchi ne è la testimonianza. Non un luogo casuale la Toscana, nel 1957, infatti, vive per un breve periodo con il marito Harry Mathews e la figlia Laura sulle colline vicino a Orcia dove ammira i pittori primitivi senesi toscani per le battaglie tra santi e draghi alati, le composizioni ancora prive della prospettiva rinascimentale.

Suddivisa in otto sezioni, la mostra parte dagli Spari della serie delle “Cattedrali” e degli “Altari” dove, malgrado l’anticlericalismo dell’artista, emerge fortissimo il fascino che su di lei hanno le cattedrali in quanto opere collettive, realizzate grazie allo sforzo condiviso di migliaia di persone. Il gesto violento dello sparo può essere interpretato come un manifesto femminista ante litteram che sottolinea il suo dissenso verso i limiti imposti alle donne e manifesta la sua rabbia per la violenza subita da ragazzina.

La seconda sezione, ‘Prostitute, streghe, spose, madri, dee’ rappresenta l’ideale di Saint Phalle  per una nuova società matriarcale’ con la denuncia della situazione della donna agli inizi degli anni Sessanta, obbligata a ricoprire i ruoli tradizionali di moglie e madre all’interno dello spazio domestico. In questa sezione è possibile vedere La Mariée à cheval, The Lady Sings the Blues,, omaggio alla lady del jazz Billie Holiday.

Alle ‘Nana Power’ e al Black Power è dedicata la terza sezione. Le Nanas sono il segno distintivo dell’arte della Saint Phalle grazie alle quali scardina il canone tradizionale di bellezza femminile, schierandosi in favore di ciò che era emarginato o taciuto nella cultura e nell’arte occidentale. Realizzate inizialmente in tessuto e cartapesta, poi in resina colorata, le Nanas sono la versione pop della Grande Madre dei miti arcaici. Felici e robuste, si fanno sempre più grandi e aprono il loro corpo per diventare Nana-case in cui vivere, sognare o ritrovarsi. Le Nanas ribaltano la situazione e conquistano il potere per creare una nuova società matriarcale, veicolando un’immagine del corpo il cui messaggio sociale oggi potrebbe essere quello della “body positivity”. Tra le numerose Nanas un’importante serie iniziale è composta da Nanas nere, nate dal ricordo dell’infanzia della Saint Phalle a New York, quando la segregazione razziale era accettata. L’opera NO! fa riferimento alle Pantere Nere, movimento rivoluzionario afroamericano fondato in California.  In mostra, tra le altre opere, una serie di Nanas nere e di Nanas danzanti.

La quarta sezione e dedicata a quella che, almeno per noi in Italia, è la sua opera più famosa, ovvero Il Giardino dei Tarocchi di Capalbio, in Toscana, iniziato nel 1978. L’opera rappresenta le 22 carte degli arcani maggiori del tarocco attraverso 22 sculture colorate, alcune delle quali monumentali e penetrabili, coperte di mosaici e di ceramiche variopinte. Ogni scultura è un’interpretazione unica di una carta del tarocco. In mostra in questa sezione numerose maquette e litografie delle sculture e l’opera La Stella, eccezionalmente prestata dalla Collezione Fondazione Giardino dei Tarocchi, in dialogo con altre opere come La Temperanza, La Morte, provenienti da collezioni private.

Nella Quinta sezione, Impegno, giustizia, cura, esposte opere di denuncia dei “ruoli femminili”, con la serie delle “Madri divoratrici”, e di difesa dei malati di AIDS. In questa sezione trovano spazio anche due Obelischi, divertenti sculture di grandi preservativi colorati che richiamano i lingam indiani (pietre simbolo di fecondità) e che invitano a proteggersi continuando ad amarsi.

Spazio a video e audio nella sesta sezione in cui sono in mostra le interviste e i video che ritraggono l’artista su temi ancora d’attualità, così come su vicende personali, come nel film “Daddy”in cui rivela la violenza subita dal padre all’età di dodici anni, uccidendolo simbolicamente con 17 colpi di fucile.

L’artista era affascinata da tutte le culture mondiali e la settima sezione crea un momento d’incontro tra le visioni della Saint Phalle e sculture e oggetti delle culture del mondo che caratterizzano l’offerta del Mudec.

Nell’ottava sezione siamo negli anni Novanta, quando si trasferisce in California. Qui immagina un parco di sculture in onore di un’altra divinità femminile, Queen Califia’s Magical Circle, inaugurato qualche mese dopo la morte dell’artista, avvenuta nel 2002. Nell’esposizione milanese è possibile ammirare tre degli otto totem rappresentanti gli animali simbolo della cosmogonia mesoamericana. Tra le opere tardive, infine, in mostra in quest’ultima sezione anche alcune opere della serie dei Teschi un tema che simboleggia il suo modo di affrontare l’avanzare dell’età.

La mostra milanese è resa unica anche perché nello stesso periodo sarà possibile ammirare le opere di Jean Tinguely, suo marito, esposte all’Hangar Bicocca.

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Raffaella Bisceglia

Pugliese trapiantata a Milano da 13 anni, è laureata in Lingue e Letterature Straniere. Giornalista professionista dal 2001 attualmente svolge l’attività di addetta stampa e collabora con Famiglia Cristiana e Cronaca Qui. In passato ha lavorato, tra gli altri, per le emittenti televisive Telenova e Telepiù, per il quotidiano Il Meridiano e scritto di calcio e televisione per i siti Calciomercato.com e Datasport e il settimanale Controcampo.

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