Un italiano su tre rischia il trauma da pandemia
La pandemia da Covid-19 sta mettendo a rischio, sempre di più, anche il benessere mentale delle persone facendo sentire i suoi pesanti effetti a livello psicologico. Insonnia, depressione ma pure disturbi psichici più gravi sono le manifestazioni di quello che gli psichiatri definiscono il nuovo e dilagante ‘trauma da pandemia’, che può lasciare segni fino a 30 mesi e mette a rischio 1 italiano su 3, con le donne che sono le più esposte. È questo il quadro che emerge da una revisione sistematica della Società Italiana di Psichiatria (SIP) degli studi pubblicati sul tema Covid e salute mentale, a un anno dall’inizio della pandemia a livello mondiale.
Questa situazione, avvertono gli esperti, lascia i suoi segni profondi sulla psiche, rischiando di compromettere anche a lungo termine benessere e salute mentale non solo dei pazienti guariti dal virus, degli operatori sanitari e delle famiglie delle vittime, ma di tutte le persone che anche solo indirettamente stanno subendo i colpi di un anno di Coronavirus. Il rischio più diffuso è vivere l’esperienza pandemica in modo traumatico, manifestando il cosiddetto disturbo post-traumatico da stress (PTSD), con sintomi cronici o persistenti che vanno da insonnia a incubi ed ansia: fino a un individuo su tre potrebbe soffrirne. Nella popolazione generale sono le donne la categoria più a rischio, probabilmente perché il lockdown ha pesato più che mai su di loro, sia come madri sia come lavoratrici.
“Il disturbo da stress post-traumatico è un disturbo psichiatrico che può svilupparsi in seguito all’esposizione ad eventi traumatici così eccessivi da determinare uno sconvolgimento psichico – spiegano Massimo di Giannantonio ed Enrico Zanalda, co-presidenti della Sip -. Gli effetti sulle persone sono a lungo termine e talvolta cronici”. In particolare, l’analisi mostra che a infierire sull’equilibrio psichico sono state soprattutto le condizioni di isolamento, la perdita di libertà, le preoccupazioni per l’impatto del virus sulla gravidanza. Mentre il più grande fattore protettivo sembra essere una condizione di benessere spirituale. La maggior parte degli studi presi in esame indica che i sopravvissuti al contagio hanno una maggiore probabilità di disturbi a lungo termine, seguiti dalle famiglie delle vittime e dagli operatori sanitari. Il 96% dei sopravvissuti al virus sperimenta infatti i sintomi della Sindrome Post Traumatica da Stress, fino anche ad arrivare in casi estremi al rischio di suicidio. A rischiare di più sono coloro che hanno vissuto l’incubo della ventilazione meccanica: fino a uno su due di questi pazienti è a rischio di sviluppare disturbi psichiatrici come la PTSD con allucinazioni, ricordi di panico e ansia che potrebbero persistere anche fino a cinque anni di distanza. La situazione è risultata particolarmente gravosa anche tra gli operatori sanitari. Grazie a una metanalisi su un totale di 69.499 lavoratori, è emersa un’incidenza del PTSD dal 7,4% al 37,4% con sintomi da uno a tre anni di distanza. Particolarmente esposti allo stress sono anche coloro che rivestono un ruolo di cura (caregivers), in particolare delle persone anziane.
“Il malessere psichico dilagante legato alla pandemia, le incertezze socioeconomiche e anche la consapevolezza di dover convivere a lungo con il virus – sottolinea Zanalda – vanno prese in carico subito, con tutti i mezzi a nostra disposizione, compresa la telemedicina, pena il rischio di trovarci a breve di fronte a un boom di nuove diagnosi di disturbo post-traumatico, che a sua volta può compromettere anche la salute fisica delle persone”. Dunque, se ansia, insonnia, frustrazione e irascibilità si protraggono per più di tre settimane “è necessario rivolgersi allo specialista. La telemedicina, in particolare, permette oggi di fornire un’alternativa efficace di supporto psicoterapico – conclude di Giannatonio – con la possibilità di intervenire tempestivamente ed adeguatamente, permettendo di elaborare l’esperienza traumatica da Covid-19”.