Conferenza o Convenzione per l’Europa: è il momento delle scelte
Il Presidente francese Emanuel Macron ha lanciato un Manifesto per l’Europa indirizzato ai cittadini dei Paesi Membri nelle loro rispettive lingue. La sua proposta è di convocare una Conferenza per l’Europa con i rappresentati delle Istituzioni europee e degli Stati, con il coinvolgimento dei cittadini, delle parti sociali e di esperti. La Conferenza avrebbe lo scopo di dare vita ad una road map capace di affrontare i cambiamenti necessari per risolvere i molti problemi che da anni l’Europa ha sul tappeto.
Macron ha detto: “E’ meglio un’Europa paralizzata o un’Europa che progredisce, talvolta anche a ritmi diversi, rimanendo aperta a tutti?”.
I temi da affrontare, secondo il presidente francese, sono l’Europa dei cittadini, della democrazia, della sicurezza e libertà, dello scudo sociale, del salario minimo, una politica per l’industria, la difesa comune, il clima, il diritto d’asilo e il controllo delle frontiere esterne.
Questa iniziativa conferma la necessità che avevo evidenziato al Parlamento europeo nella legislatura 2009-2014 e che continuo a sostenere con articoli e dibattiti e cioè la necessità di una nuova Convenzione Europea. Certo è che sia che si scelga la Convezione o la Conferenza i lavori devono terminare con proposte concrete, attuabili, e con un impegno politico irrinunciabile da parte di chi condividerà i risultati, in caso contrario saremmo di nuovo al palo, avremmo perso tempo e dato spazio a coloro che nell’Unione europea vedono un avversario in termini economici oltre che politici.
La proposta di Macron, che arriva a poche settimane dall’accordo di Aquisgrana siglato da Francia e Germania, potrebbe rappresentare un passo avanti per superare l’Europa ad egemonia franco-tedesca e per raggiungere finalmente l’obiettivo di un’Europa concentrica che abbia al suo interno un gruppo di Paesi i quali vogliono avanzare più speditamente verso l’Unione politica, in tutte le sue sfaccettature. Paesi capaci di mettere in comune parte della loro sovranità per il bene di tutti. Via via tutti i Paesi che vorranno potranno aderire a questo nucleo centrale; nell’attesa l’Unione continuerà nel suo complesso ad avere le attuali regole comuni. Ci auguriamo che l’Italia sia capace di comprendere il messaggio e diventi coautrice di un’Europa più giusta e più forte e, di conseguenza, in grado di affrontare in modo unitario temi come l’immigrazione, il terrorismo, l’armonizzazione fiscale e la parità tra cittadini definendo anche, dopo la Carta dei diritti, una Carta dei doveri. Se infatti non ci sarà un carta dei doveri, i doveri dei cittadini verso le istituzioni e le istituzioni verso i cittadini, continueremo a perpetrare gli errori di ieri e di oggi.
Rimane la domanda se un’Europa concentrica, e soluzioni diverse sembra proprio che non ve ne siano (considerato che diversi Stati non vogliono ancora realizzare la politica comune), può essere un’Europa federale o debba essere, inizialmente, un’Europa confederale. Su questa domanda, di tipo politico ma anche istituzionale e pratico, si dovrebbe aprire il dibattito tra tutte le forze politiche, comprese quelle che sembrano, nei fatti, più interessate a criticare l’Europa e a minarne la vita piuttosto che a migliorarla. Bisogna essere celeri e contestualmente cauti e cioè non partire da posizioni preconcette ma dall’analisi di ciò che è effettivamente da realizzare, anche a costo di rinunciare a qualcuna delle idee che hanno rappresentato la nostra posizione politica recente. Se non sarà così il rischio è di fare ancora proposte buone ma che non si realizzano lasciando perciò spazio, in un sistema globalizzato, a chi, dalla Cina, dagli Stati Uniti o dalla Russia, vorrebbe scegliere il futuro degli europei.