Cosa vogliono i laburisti con la Brexit?
Il partito chiede un nuovo referendum, ma Corbyn non è d’accordo
L’accordo per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea non è ancora stato raggiunto. Anche l’ultimo incontro tra i negoziatori delle due parti non ha raggiunto un’intesa condivisa. Da un lato il RU mira a mantenere determinati vantaggi offerti dall’appartenenza al mercato unico, pur non facendone più parte, e dall’altro l’UE non è disposta a concedere i vantaggi dell’adesione a chi vuole uscire. Il ministro delle Finanze francese, Bruno Le Maire, ha addirittura detto che se si accettasse la posizione del governo di Londra, per la UE sarebbe un suicidio. Anche il presidente Macron, in occasione del vertice informale UE di Salisburgo ha dichiarato che “la Brexit non sarà senza costi o conseguenze per Londra”. Siamo a pochi mesi dalla data fissata per l’uscita e c’è il rischio che ci si arrivi senza nessun accordo. Nel frattempo, tuttavia, la premier inglese Theresa May usa la platea dell’Assemblea generale dell’Onu per promuovere la Gran Bretagna post Brexit, annunciando che il Regno Unito istituirà per le imprese la “tassazione più bassa” tra le nazioni del G20 e offrirà a quelle che investono nel Paese non solo vantaggi fiscali, ma anche un’industria di servizi e un centro finanziario, la City, che sono “invidiati in tutto il mondo”. La posizione della premier conservatrice è chiara. E quella dei laburisti lo è altrettanto? Cosa faranno con la Brexit? Staranno a guardare lo svolgersi degli avvenimenti, o prenderanno posizioni chiare? Per ora il loro atteggiamento è abbastanza ambiguo. Si è conclusa da qualche giorno a Liverpool l’assemblea del partito, si è discusso di molte cose, ma soprattutto della Brexit: un tema su cui i laburisti non sembrano proprio avere le idee chiare, nonostante le trattative con l’Unione europea che dovrebbero concludersi nei prossimi due mesi. Durante il discorso del portavoce laburista per Brexit, Keir Starmer, sono emerse le contraddizioni che caratterizzano il partito in ordine a questo problema. Parlando della possibilità di un nuovo referendum per Brexit, Starmer ha detto che “nessuno vuole escludere la possibilità di rimanere” nell’Unione europea. A questo punto buona parte del pubblico presente, formato dai delegati del partito, ha cominciato ad applaudire vigorosamente e ad alzarsi in piedi. Starmer sembrava stupito da questa reazione ed ha ripreso a fatica il filo del suo discorso. E Corbyn, il segretario del partito, come ha reagito a questa manifestazione di entusiasmo contro la Brexit? Come è noto, egli è un euroscettico e in un’intervista successiva all’intervento di Starmer si è limitato a dire che era a conoscenza del testo del discorso, senza aggiungere altro. Questa ambiguità del segretario potrebbe essere comprensibile, dato che al referendum del 2016 una fetta consistente degli elettori laburisti, circa un terzo, votò per uscire dall’UE, il che vuol dire però che i due terzi degli elettori, insieme a quasi tutti i dirigenti, votarono per rimanere in Europa. L’aumento dei consensi al partito, confermato da diversi sondaggi, è stato costruito grazie al recupero dello storico blocco sociale del partito laburista rappresentato dalla classe bianca medio-bassa, attratta a votare per Brexit dalle promesse di notevoli benefici economici e sociali. Ma quei benefici non si sono materializzati fino ad ora e sembrano anche sempre più remoti se il Regno Unito uscirà dall’UE. D’altro canto, da circa un anno l’opinione comune su Brexit sembra essersi spostata, tanto che un sondaggio di YouGov conferma che il 50% dei britannici sostiene che votare per uscire dalla UE sia stata una cattiva idea. Solo il 40% ha sostenuto l’opzione opposta. All’interno del partito, fra gli attivisti e gli iscritti, l’ostilità a Brexit è ancora più diffusa. Un sondaggio di YouGov indica che addirittura il 91% di loro ritiene che Brexit sia un danno per l’economia britannica e l’86% è favorevole a un nuovo referendum che includa la possibilità di rimanere nell’UE, tanto che tra le mozioni approvate dall’Assemblea una ne parlava, sia pure implicitamente. Perché allora questa persistente reticenza di Corbyn a prendere posizione? Da un lato il suo radicalismo marxista e dall’altro la sua capacità manovriera di muoversi con destrezza nelle indicazioni dell’opinione pubblica e di approfittare di ogni occasione per rafforzare il suo potere, non gli permettono di schierarsi ora apertamente per un’opzione chiara e definita. Per questo i laburisti da alcune settimane spingono per nuove elezioni politiche, fatto che consentirebbe loro di concentrarsi sulla campagna elettorale e quindi di posticipare una presa di posizione netta sulla Brexit. Corbyn, nonostante la volontà della maggioranza del suo partito, non vuole un nuovo referendum e non vuole nemmeno caricarsi della responsabilità che potrebbero derivare da un esito negativo dell’uscita dell’Unione europea. Non è escluso, tra l’altro, che un non accordo sull’uscita veda domani un Corbyn premier costretto a negoziare lui stesso il dopo Brexit.