Europa

Discorso del Vicepresidente esecutivo della Commissione europea Timmermans, in occasione del 79° anniversario dell’eccidio di Cibeno

Parenti delle vittime di Cibeno e dei prigionieri dei campi di Fossoli, Presidente Bonaccini, Sindaco Bellelli, Onorevole Castagnetti, Dottoressa Luppi e Dottoressa Soliani, signore e signori,

Viviamo giorni dolorosi.

Dolorosa, la lettura dei giornali che ogni mattina ci porta notizie di nuovi orrori sul fronte ucraino.

Doloroso, l’incontro che ho avuto con i rappresentanti dei comuni colpiti dall’inondazione del Maggio scorso.

Dolorosa, la visita al Museo dei Deportati da cui provengo.

Dolorosa la lettura dei materiali che ho visionato per preparare questa mia partecipazione che ho accettato con grande onore.

E fra tutti questi documenti, quello che più mi ha stretto il cuore è stato il più semplice: l’elenco dei nomi e dei luoghi di provenienza delle 67 vittime dell’eccidio di Cibeno.

Nomi e luoghi comuni: due Giovanni, tre Antonio, quattro Luigi. Nove venivano dall’Emilia-Romagna, uno dalla Sicilia, molti dalla Lombardia.

Un elenco qualsiasi. Avrebbe potuto essere la composizione di un coro degli Alpini o la lista degli ospiti di un albergo e invece no, è l’elenco di 67 eroi internati per le loro idee politiche in questi campi da cui partivano verso la morte anche altre persone colpevoli solo per il loro essere ebrei.

È l’elenco di 67 uomini che qui hanno vissuto un’ultima notte “che occhi umani non avrebbero dovuto assistervi”, come dice Primo Levi descrivendo la sua partenza da questi stessi luoghi, 67 persone che con un ultimo inganno la mattina del 12 Luglio 1944 vennero portate a Cibeno e lì trucidate, i loro corpi fatti cadere in una fossa scavata e poi richiusa da ebrei terrorizzati sotto la mira dei fucili aguzzini.

È l’apparente banalità di quella lista che la rende agghiacciante. Elenca i nomi di eroi entrati nella storia ma ne sottolinea la natura comune: un nome, una provenienza, una famiglia… Quelle scarne righe ci urlano in faccia l’umana tragedia di quell’evento, ci insinuano l’orribile dubbio della banalità del male assoluto. Non tutti sapremmo essere eroi ma tutti possiamo diventare vittime.

Due anni fa, quando venne a questa stessa manifestazione insieme all’allora presidente del Parlamento Europeo, il compianto, e mio grande amico, David Sassoli, la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen si riferì ai martiri di Cibeno come ai nostri più sconosciuti padri fondatori.

Li chiamò così perché’ nella loro scelta di combattere per la libertà e la democrazia non persero mai la fede in un futuro migliore, in un’Europa che potesse essere pacifica e unita, nella sua diversità e nella reciproca solidarietà. Perché ci da tanto fastidio la diversità? Io non capisco. È bella la diversità. Ci rende umani, la diversità.

Quel sogno, e i valori che quel sogno inspirano, sono nati anche grazie al loro sacrificio.

Uno di loro veniva da quello che allora era Friuli e che oggi è Slovenia. Quel confine che una volta si spostava col sangue, oggi evaporato grazie alla nostra Unione.

Sono passati 79 anni da quel martirio ma solo due da quel discorso. Ma in quei due soli anni il fato ha portato via David, una grande persona che aveva dedicato la vita a rendere quel sogno in realtà. E in quei due soli anni, la storia ha spazzato via la certezza che quel sogno fosse ormai il nostro ineludibile destino.

Una guerra di nuovo si combatte sul suolo del nostro continente, una guerra dal cui esito dipende il futuro del nostro continente, non facciamoci illusioni a riguardo.

Di nuovo uomini e donne come noi muoiono per quello che sono. Di nuovo Anna e Julia, due sorelle ucraine di 14 anni sono morte per le bombe lanciate su un ristorante, un ristorante!

Di nuovo fosse comuni scavate mal nascoste dall’infamia, dii nuovo treni nella notte e bambini deportati. Lo hanno detto i Russi: 700.000 bambini ucraini deportati. Perché? Per volergli togliere l’identità ucraina.

Di nuovo l’inimmaginabile diviene realtà, il male banale, l’eroismo quotidiana necessità.

Nuovi Cibeno, nuovi Fossili e un giorno, speriamo vicino, nuovi musei, nuove fondazioni, nuove commemorazioni.

Sta tornando la notte o stiamo risvegliandoci da un sogno? O forse, orribile sospetto, l’una e l’altra cosa insieme?

Il linguaggio dell’odio [da tanti tollerato quando non richiamato] si fa azione.  L’Europa si fa campo di battaglia, il diverso altro da avversare, il diritto privilegio da negare, le restrizioni tradizioni da rispettare.

Corpi abbandonati nei villaggi ucraini, corpi alla deriva nel blu del mediterraneo, corpi di donne violentate abbondate sul ciglio della strada.

L’unica colpa? Difendere la proprio patria, fuggire alla povertà, essere donna, essere chi si vuole essere, essere chi si è.

L’unico errore? Forse credere nella fratellanza? Credere nell’umanità dell’animale più feroce della terra?

Sono forse inutili queste continue morti? Sono morti invano i 67 di Fossoli? Sono morti invano gli abitanti di Bucha? [Muoiono invano i soldati russi mandati a combattere una guerra insensata?] Muore invano chi è ucciso a causa del suo genere, del colore della sua pelle, delle sue idee, della religione che professa?

Vorrei rispondere con il più certo dei “no” ma in realtà dipende da noi. Questa è la vera risposta e la nostra enorme responsabilità.

I nostri sconosciuti padri fondatori non sono morti invano e non lo saranno mai se noi sapremo continuare ad esserne degni figli. E per esserlo, eventi come questo e il lavoro di tutte coloro che li rendono possibili sono di fondamentale importanza.

Da qui, pochi mesi prima dell’eccidio di Cibeno, [il 22 Febbraio del 1944] iniziò il viaggio di Primo Levi verso l’abisso del male più profondo. Qui, quello stesso giorno, Primo Levi si chiese come fosse possibile colpire un uomo senza collera.

Qui, oggi, dobbiamo riscontrare l’assurda attualità di quella domanda. Ma qui, oggi come ogni anno, al mistero del male contrapponiamo la follia della speranza.

Qui si celebra la memoria perché non si può lottare per un futuro migliore se non si conosce il passato peggiore, perché non si può dire “mai più” se non si riconosce l’ancora.

E permettetemi una piccola richiesta personale. Con umiltà, da straniero, Vi chiedo: non dimenticate mai la memoria dei partigiani. Non dimenticate mai la bellezza della resistenza. Non fatevi dire che non era eroismo italiano.

Qui si COM-memora, insieme affinché la memoria diventi base comune del nostro sentire, del nostro agire.

Qui si RI-corda cioè si richiama al cuore, non alla mente, l’orrore di questi campi e la grandezza di quei sacrifici.

E con il cuore fatto centro della nostra memoria comune, qui si rinnova lo scandalo.

Qui ci si E-moziona, qui si è smossi, scossi, qui si è trasportati all’azione, qui si rinnova la resistenza contro la banalizzazione del male.

Qui ci si riappropria dei sogni e dei desideri dei nostri progenitori, non solo per esserne degni figli ma per diventare, a nostra volta, degni antenati delle generazioni future.

Questo il miglior omaggio alle memoria dei caduti, dei martiri di Cibeno, dei deportati che non fecero ritorno, dei caduti di ieri e di oggi, di tutti coloro che muoiono o soffrono per la ferocia dell’uomo verso gli altri uomini.

Seguire l’esempio di quei caduti del luglio 1944, continuare a sognare, continuare a lottare per lasciare ai nostri figli un mondo migliore, più giusto e più sostenibile. Essere i migliori antenati come loro lo sono stati per noi.

Il male assoluto non è inevitabile. Persino queste strutture maledette non sono nate come centro di smistamento verso l’orrore della soluzione finale ma come campo di internamento per prigionieri di guerra nel rispetto delle garanzie di tutela fissate da accordi internazionali.

Oggi queste strutture sono memento concreto dello spirito più maligno ma una volta, anche se per troppo poco, sono state esempio del nostro eterno desiderio di umanità.  Anche di questo siamo capaci. Anche questo teniamolo sempre bene a memoria, che sia giorno o che sia notte.

Grazie.

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