Il suprematismo europeo
Riceviamo e pubblichiamo un articolo del Prof. Francesco Pontelli
Le istituzioni politiche sono caratterizzate dalla ricerca di un difficile equilibrio basato su pesi e contrappesi con l’obiettivo di assicurare un equilibrio democratico che garantisca innanzitutto i propri cittadini oltre le stesse istituzioni. È compito della politica, quindi, e della ideologia alla quale questa si ispira, favorire questo percorso verso un traguardo democratico, anche se difficilmente raggiungibile, nella sua articolata e complessa declinazione.
In questo contesto in evoluzione l’esplosione della spesa pubblica, finanziata da una sempre maggiore pressione fiscale, ha fornito la leva finanziaria alle istituzioni europee e nazionali, utilizzabile tanto per il conseguimento di obiettivi sociali ma soprattutto politici.
Le innumerevoli crisi che hanno caratterizzato gli ultimi decenni (dalla crisi di liquidità nel 1992 a quella attuale) e contemporaneamente il moltiplicarsi delle istituzioni politiche, tanto in ambito nazionale (maggiore autonomia delle regioni) quanto in ambito europeo (UE, parlamento europeo, Mes, Bce) hanno rivestito anche un ruolo attivo all’interno delle politiche economiche proprio utilizzando la leva finanziaria della spesa pubblica, tanto da arrivare quest’ultima in Italia a rappresentare il 56% del Pil.
Gli esiti complessivi di questo attivismo sono risultati spesso mediocri se non disastrosi, basti ricordare come l’Italia abbia raggiunto il nuovo record di debito pubblico a 2790 miliardi, senza dimenticare i ritardi nelle opere infrastrutturali delle prossime Olimpiadi 2026 e come dimostra la seconda alluvione in Emilia Romagna in una settimana. Un bilancio che esprime chiaramente come siano le competenze e non le attribuzioni istituzionali a determinare l’esito degli investimenti pubblici.
Contemporaneamente, a livello europeo, le politiche economiche si sono espresse sul teorema di una crescita perenne basata sostanzialmente sull’abbattimento delle barriere alla libera circolazione delle merci e dei know how industriali, per di più senza alcuna tutela normativa.
Ora, mentre ancora una volta l’intero continente europeo si trova all’interno di un ennesimo periodo di crisi, espressa dalla ulteriore flessione della produzione industriale del -3,4% in Germania e del -3,2% in Italia, i limiti determinati dalle competenze istituzionali si rivelano sempre più evidenti.
L’elaborazione, infatti, delle strategie economiche evidenziano molto spesso una sostanziale incapacità analitica relativa agli asset esistenti, ma soprattutto in relazione alle aspettative di crescita e sviluppo.
Emerge, infatti, drammaticamente come l’ideologia rappresenti ancora la prima ed unica fonte d’ispirazione in sostituzione delle componenti necessarie a fronteggiare la complessità contemporanea.
Già due anni fa si era evidenziata la posizione ideologica dell’UE (*) che ha portato l’Unione Europea ad essere l’unica macroarea economica nel mondo ad adottare il divieto di vendita delle auto a combustione interna a partire dal 2035. Una visione economica che espone l’intero sistema industriale europeo, quanto i propri cittadini, ad un sicuro rischio economico, industriale e sociale senza precedenti. Un rischio che può diventare addirittura di stabilità democratica, in quanto vincola tutta l’industria europea del settore Automotive, ma non solo, alle importazioni provenienti da una potenza economica, industriale e politica come la Cina.
Questa, andrebbe ricordato, di certo non rappresenta un partner affidabile e tanto meno democratico. Basti ricordare, a conferma della tesi esposta, come il 95% del manganese venga raffinato in Cina, assieme al 73% del cobalto, 70% della grafite, 67% del litio, 63% del nickel e il 66% dell’assemblaggio delle batterie al mondo.
Viceversa, l’industria europea del settore dell’automotive detiene attualmente, anche nei confronti degli Stati Uniti, il primato tecnologico in rapporto alle emissioni di tutti i motori a benzina, e gasolio, a combustione interna: un traguardo frutto di investimenti decennali finanziari, industriali e professionali senza precedenti.
La Commissione europea, invece, assieme al Parlamento europeo intendono azzerare secoli di storia industriale che hanno portato l’Europa al primato nel settore automobilistico del mondo.
La presunzione, in più, di governare con le medesime strategie paesi che possiedono la più grande centrale nucleare (Finlandia) congiuntamente ad altre che le chiudono virando verso il carbone (Germania) ed altri con scarse risorse energetiche (Italia) fornisce il quadro del suprematismo europeo inadeguato alla complessità delle sfide future.
(*) luglio 2021 https://www.ilpattosociale.it/attualita/linquinamento-ideologico/