Europa

La metamorfosi istituzionale europea

Tutti noi siamo a conoscenza ed in grado di riconoscere chi sia, in questa terribile guerra, l’aggressore e la nazione (intesa come popolazione) vittima. La frase del Presidente del Parlamento Europeo Metsola “Continueremo con le sanzioni alla Russia e gli aiuti a Kiev. L’Ucraina vincerà” rappresenta tuttavia una chiara espressione di una coalizione di Stati (Ue) già in guerra ed intrisa di una sorta di integralismo ideologico e finalizzata a galvanizzare le truppe.

Ma veramente si crede, o lo crede la rappresentante del Parlamento europeo, di vincere (1. una battaglia? 2. la guerra? Non è ancora dato sapere) inviando qualche miliardo di armamenti allo stato aggredito ed applicando delle sanzioni economiche le quali stanno, invece, testimoniando il ridicolo livello di coesione europeo ed il cui unico effetto finora è stato solo quello di mettere in ginocchio il sistema industriale ed economico europeo ed italiano in particolare?

Nessuno intende contestare la pericolosità di Putin e il dramma di una possibile estensione della guerra, ma proprio per evitare queste problematiche, sarebbe opportuno che un’istituzione come l’Unione Europea si facesse portavoce di un messaggio di mediazione e contemporaneamente si prodigasse per una conferenza di pace che riuscisse a portare allo stesso tavolo Russia ed Ucraina.

Proprio rispondendo a questo spirito si dovrebbe cogliere e valorizzare l’apertura politica di Zelensky il quale si è dichiarato disponibile ad avviare una trattativa diplomatica con Putin che parta dai confini del 23 febbraio 2022 e non più da quelli del 2014 e quindi si dovrebbe trasformarla in una vera e propria opportunità diplomatica.

L’Unione Europea, invece, si allinea alle posizioni “politiche” della Nato la quale, per voce del proprio segretario, ha dichiarato la propria contrarietà all’apertura di una trattativa diplomatica su queste basi.

Viene da chiedersi quale metamorfosi istituzionale abbia interessato l’UE e i maggiori stati membri i quali riconoscono ad una organizzazione militare (la Nato), per giunta di difesa, la possibilità di intervenire nel dibattito politico istituzionale internazionale quando dovrebbe esprimere un parere solo ed esclusivamente nel caso venisse richiesto da un Paese membro e sempre nell’ambito delle proprie competenze militari di difesa.

Il livello della inaccettabile intromissione nel contesto politico di una istituzione militare come la Nato nell’attività politica ed istituzionale indica senza alcuna ombra di dubbio il livello di metamorfosi istituzionale e di rappresentanza che investe l’intera Europa  e i Paesi che la compongono.

Andrebbe ricordato, infatti, al presidente del Parlamento europeo e a tutti gli Stati Membri come due dovrebbero essere, ora più che mai, le priorità di tutti i vertici europei, e a maggior ragione italiani, in un contesto di guerra e dopo due anni di pandemia.

Sicuramente la prima è individuabile nel tentativo di bloccare la guerra e favorire le condizioni per il mantenimento di un cessate il fuoco il più possibile duraturo indipendentemente dalle considerazioni politiche relative alle cause e ai responsabili della stessa.

Ne esiste, poi, una seconda, altrettanto importante, rappresentata dalla improcrastinabile volontà di riportare al centro dell’attività dell’Unione Europea lo sviluppo economico europeo dopo due anni di terribile pandemia partendo dalla considerazione, forse non troppo chiara ai vertici politici nazionali ed europei, di come le popolazioni non possano continuare a sopportare ancora gli effetti di queste politiche estere irresponsabili i cui costi, ancora una volta, andranno a ricadere sulle fasce deboli della popolazione. (*)

Il nostro Paese e l’Europa sono già in “guerra” dal marzo 2020 e francamente meriterebbero una maggiore attenzione rispetto a quella dedicata dai governi degli ultimi anni, anche solo come forma di rispetto delle istituzioni nazionali ed europee, nei confronti dei propri cittadini.

(*) La Fao calcola ad oggi in 200 milioni le popolazioni che non avranno più la possibilità di alimentarsi per il blocco delle esportazioni di grano dall’Ucraina.

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