Europa

La Polonia attacca l’Ue, ‘vuole la Terza guerra mondiale’

Il premier polacco attacca Bruxelles accusandola di voler scatenare la “Terza guerra mondiale”, ma subito dopo Varsavia fa marcia indietro per sminare le parole esplosive. L’Ue respinge la “retorica di guerra”, mentre dietro le quinte le colombe (Germania, Francia, Italia e Spagna) sono al lavoro per una mediazione, per una soluzione alle tensioni degli ultimi mesi.

In un’intervista al Financial Times, il leader polacco ha accusato l’Unione di aver avanzato le richieste sull’indipendenza dei giudici, e sul primato del diritto dell’Unione, con una “pistola alla tempia”. Se Bruxelles “scatenerà la Terza guerra mondiale – ha avvertito – siamo pronti a difenderci con tutti i mezzi”. Un riferimento non troppo velato all’opzione atomica di porre il veto sulle principali politiche comunitarie. Toni incendiari respinti al mittente dal portavoce della Commissione, Eric Mamer, che derogando al costume di non commentare le dichiarazioni, ha colto l’occasione di una domanda in sala stampa per chiarire. “L’Unione europea è un progetto che ha contribuito con grande successo a stabilire una pace duratura” tra i 27. “Non c’è posto per la retorica di guerra nelle relazioni tra Stati membri, o tra Stati membri e Istituzioni”. Al summit dei leader del 22 ottobre, grazie alla mediazione della cancelliera Angela Merkel, sul caso Polonia è prevalsa la linea del dialogo, su quella dell’intransigenza spinta dall’olandese, Mark Rutte. E nel backstage è già iniziata la tessitura per un compromesso che consenta di salvare la faccia a tutti.

Sullo sfondo restano le minacce di sanzioni legali e finanziarie dell’Unione, con la possibilità di mettere in campo la condizionalità del meccanismo che lega i miliardi del Bilancio Ue e del Recovery al rispetto dello stato di diritto. Una possibilità a cui tuttavia Bruxelles non farà ricorso prima della decisione della Corte di giustizia europea sullo strumento (almeno fino a dicembre), come evidenziato dalla presidente, Ursula von der Leyen, venerdì al termine del vertice. E forse non è un caso, se poche ore dopo la pubblicazione dell’intervista di Morawiecki, Varsavia ha fatto rapidamente marcia indietro. Le espressioni del premier non sono altro che “un’iperbole, una figura retorica che viene utilizzata in varie situazioni e non va presa alla lettera”, si è affrettato a dire il portavoce, Piotr Muller, mentre il principale esponente dell’opposizione, l’ex presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk ha stigmatizzato: “In politica la stupidità è causa delle più gravi disgrazie”. Nei giorni scorsi, la Polonia ha promesso di smantellare la camera disciplinare per i giudici, principale oggetto delle tensioni con Bruxelles. E già si scatenano retroscena, con fonti diplomatiche a Roma, su un possibile accordo che sbloccherebbe l’approvazione del piano nazionale per il Recovery polacco. Un’intesa che potrebbe passare dal riconoscimento di fatto, ma non di diritto, del primato delle norme Ue su quello nazionale. D’altra parte occorre osservare che le lettere, con la richiesta di informazioni a Ungheria e Polonia, anticamera del meccanismo di condizionalità, che Bruxelles ha promesso ormai da giorni, sembrano essere finite in standby. E incontri a margine del G20, a Roma, potrebbero essere l’occasione, per fare di nuovo un punto.

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