Europa

L’apocalisse

L’apocalisse economica, industriale e sociale è già alle porte. Alcuni dati macroeconomici stanno definendo i contorni della prossima apocalisse economica ed industriale che investirà tutti i paesi europei, azzerando in poco tempo il progresso industriale espresso dalla cultura europea nell’ultimo secolo e mezzo.

Il dato relativo alla diminuzione dell’export di automobili verso la Cina (-23%) abbinato ad un aumento dell’import di auto dalla Cina (+28%) delinea già ora il quadro di quanto anticipatamente previsto.

La contemporanea flessione della produzione industriale tedesca (-3,4%) certifica l’andamento economico che diventa europeo e soprattutto italiano in rapporto alle filiere produttive complesse che coinvolgono le imprese del nostro Paese (https://www.ilpattosociale.it/europa/il-suprematismo-europeo/).

Il “socio di minoranza” di questa esplosione dell’industria cinese, la quale si giova dell’attività di distruzione operata dai vertici europei, può essere tranquillamente individuato nella Commissione Europea e la sua presidente Ursula von der Laien con la sottomessa complicità del Parlamento Europeo.

Va ricordato, infatti, come queste tre figure istituzionali cardine dell’Unione Europea abbiano inserito, caso unico al mondo, il divieto di vendita e produzione di automobili a combustione interna a partire dal 2035, regalando così le chiavi del mercato a chi come la Cina detiene il monopolio mondiale della raffinazione delle ” terre rare” necessarie nella produzione di automobili elettriche.

La motivazione politica e ideologica di tali comportamenti e scelte strategiche, economiche e politiche andrebbe attribuita ad una ipotetica lotta all’inquinamento atmosferico da combattere attraverso una semplicistica transizione ecologica ed energetica adottata all’interno di una visione ideologica in grado di annullare  così in un colpo solo tutti i risultati ottenuti dal sistema Industriale Europeo (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-transizione-energetica-di-quinto-orazio-flacco/).

Esiste, poi, un aspetto paradossale che delinea l’assoluta distanza tra la realtà e l’ideologia espressa dalle principali cariche istituzionali europee. Nell’ultimo trimestre l’andamento delle emissioni del colosso cinese hanno registrato una crescita (+4%). Un dato enorme in quanto calcolato sulle emissioni totali del primo paese al mondo per inquinamento. Si pensi che degli otto (8) miliardi di tonnellate di carbone utilizzati nel mondo la sola Cina ne brucia  quattro (4) miliardi (la metà) e con il resto delle economie asiatiche arrivano a sei (6) miliardi di tonnellate.

Dati che da soli di fatto annullano e mettono in ridicolo ogni ipotetico beneficio derivante dalla applicazione del talebano pensiero ecologista europeo (https://www.carbonbrief.org/analysis-chinas-co2-emissions-hit-q1-record-high-after-4-rise-in-early-2023/).

L’ideologica strategia europea applicata all’economia reale, con la conseguente politica adottata, rappresenta il primo alleato dell’economia cinese e del proprio sistema industriale, ma contemporaneamente si conferma ancora una volta come il più grande nemico del sistema economico ed industriale europeo.

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