Scarseggiano i leader e la politica è in declino
Era Macron che si lamentava recentemente della scarsezza di leader in Europa, tanto da creare difficoltà a scegliere candidati per le nomine alle istituzioni europee. Quelli di cui si parla non sarebbero all’altezza e non avrebbero quella caratura d’esperienza e di preparazione che sarebbero necessarie per gestire la politica europea in un mondo globalizzato ed in continuo movimento. Forse la preoccupazione di Macron è eccessiva, forse si manifesta solo perché i candidati di cui si conosce il nome, come quello di Manfred Weber, non sono uomini a lui vicino. Il fatto è che si semina sfiducia nei confronti dei leader che sono su piazza e che potrebbero assolvere degnamente le funzioni richieste per la guida delle istituzioni europee dopo le elezioni del 26 maggio. Se l’Unione europea si trova in questa situazione – secondo Macron – altrettanto si potrebbe dire del Regno Unito, che da tre anni a questa parte ci offre un quadro non certamente idilliaco delle sue leadership: David Cameron nel 2016 con il referendum, perso, sulla Brexit, Theresa May, che lo ha sostituito, senza riuscire a portare a termine l’uscita del Regno Unito dalla Unione europea, Jeremy Corbyn, il capo dei Laburisti e dell’opposizione, che con le sue ambiguità non ha minimamente contribuito a risolvere la stasi della politica britannica e la confusione del Parlamento, incapace fino ad ora di darsi una maggioranza in grado di risolvere la Brexit. Crisi della democrazia britannica – si è detto. Può darsi, ma la democrazia è retta dagli uomini ed il suo cattivo funzionamento dipende dalla incapacità dei politici di governarla. Non è un buon segno, e i mali britannici non possono scagionare o legittimare quelli europei. In questo caso, mal comune non è mezzo gaudio, ma tristezza e afflizione unica, tanto più che – come nel caso del Regno Unito – i rimedi, vale a dire i probabili successori, si presentano enormemente peggiori dei mali che abbiamo conosciuto. Possibile sostituto della May alla presidenza del partito conservatore, e quindi capo del governo, potrebbe essere Boris Jonhson, già sindaco di Londra e ministro degli Affari Esteri, molto discusso per i suoi atteggiamenti da bohemien e per le sue uscite poco ortodosse. Basterebbe la sua capigliatura a porre degli interrogativi, o la sua ultima uscita sulla Brexit, da fare subito, anche senza accordo e senza pagare i contributi dovuti al bilancio dell’UE. Come prossimo Primo ministro che non rispetta i patti non lo si può certo paragonare ad un leader responsabile ed accorto. Più che una politica in declino, la sua sarebbe certamente una politica sbagliata. Non parliamo poi di Corbyn, che, come suo padre, è sempre stato dalla parte sbagliata della storia. Le sue ambiguità sulla Brexit non sono niente rispetto alle sue scelte e alla sue preferenze politiche. E’ un comunista. E’ stato staliniano e si è circondato di nostalgici dell’Unione sovietica. Nelle elezioni del 2017 il partito comunista britannico non ha presentato nessun candidato, dichiarando che Corbyn era il loro uomo. Il 6 giugno, anniversario del “D day” e dello sbarco degli alleati anglo-americani in Normandia è considerato da Corbyn e dai suoi stretti collaboratori nostalgici, come è stato annunciato da un tweet della scorsa settimana del ministero degli Esteri russo: “Lo sbarco degli Alleati in Normandia non ha cambiato il corso della Seconda guerra mondiale. L’esito è stato determinato dalla vittoria dell’Armata rossa”. Accettare questa linea significa non riconoscere il destino diverso delle due Germanie e pensare che quella dell’Est, sotto il controllo militare sovietico, che ha subito per oltre mezzo secolo la dittatura e la repressione con l’egemonia della polizia politica, sia stata la migliore. Non a caso Corbyn le sue vacanze le trascorreva nella parte più illiberale della Germania, sotto il controllo apparentemente benigno dell’onnipresente polizia segreta, la Stasi. Che Corbyn credesse al comunismo sovietico, che migliaia di cittadini britannici considerassero l’URSS il paradiso dei lavoratori, non ci meraviglia più di tanto, dopo la lettura de “La trahison des clercs” di Julien Benda. Ma ciò che meraviglia, ciò che impressiona in modo macabro, è che uno di questi clerici, fanatico ed attempato stalinista, fervente antisemita ancora oggi, abbia delle possibilità di diventare il prossimo leader della Gran Bretagna, dentro o fuori l’UE, come si vedrà. Altro che declino della politica. Sarebbe il suo totale fallimento. Ciò nonostante, non crediamo che l’Europa si trovi di fronte a questa lugubre sorte.
PS – I dati su Corbyn li abbiamo ricavati da un articolo del “Sunday Times” del 6 giugno, ripreso da “Il Foglio” del 17 giugno.