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Ci sono sempre più dementi. E i disturbi cognitivi possono arrivare anche prima dell’anzianità

Nel mondo si stima che ci siano 50 milioni di persone con demenza e che nei prossimi 30 anni il numero possa salire notevolmente, in Italia si stima che tra il 4% ed il 6% della popolazione over 65 sia affetta da demenza.

«Quando si parla di demenza non si parla solo di Alzheimer – precisa la neurologa Raffaella Clerici – esistono diverse forme di malattia. Ci sono forme vascolari legate a un’alterazione della vascolarizzazione cerebrale, in particolare i piccoli vasi, che danno una sintomatologia sulla memoria, forme a corpi di lewy correlate a disturbi motori (parkinsonismi), ma anche forme frontotemporali con manifestazioni psicologiche, come apatia o aggressività, ma anche disturbi del linguaggio». Tra i primi segnali di demenza, in particolare per quanto riguarda Alzheimer, ci sono disturbi della memoria. «Si iniziano a dimenticare gli appuntamenti – prosegue – a diventare ripetitivi, non si ricordano le cose recenti ma tutto ciò che è passato si ricorda bene. Iniziano i primi disorientamenti».

I disturbi cognitivi peraltro possono manifestarsi già intorno ai 30 anni. Gli studi sul questa malattia hanno identificato 39 potenziali fattori di rischio. Eccoli raggruppati in macroaree: fattori sociodemografici (istruzione, stato socioeconomico e sesso), fattori genetici (apolipoproteina E), fattori legati allo stile di vita (attività fisica, consumo di alcol, disturbo da uso di alcol, fumo, dieta, attività cognitiva, isolamento sociale), fattori ambientali (ossido di azoto, particolato, pesticidi e diesel), fattori marcatori del sangue (vitamina D, proteina C-reattiva, funzione stimata della velocità di filtrazione glomerulare e albumina), fattori cardiometabolici (ictus, ipertensione, diabete, ipoglicemia, malattie cardiache, fibrillazione atriale e uso di aspirina), fattori psichiatrici (depressione, ansia, uso di benzodiazepine, delirio e problemi del sonno) e altri fattori (lesione cerebrale traumatica, artrite reumatoide, disfunzione tiroidea, disturbi dell’udito e forza della presa).

Secondo l’Osservatorio Demenze il costo annuale diretto per ogni paziente varia da 9mila a 16mila euro a seconda della fase della malattia.

Una volta posta la diagnosi oggi per alcune forme di demenza sono disponibili dei farmaci che consentono il rallentamento della progressione della malattia o il controllo dei sintomi. Per l’Alzheimer non esiste una vera e propria cura ma c’è molta attenzione sui nuovi anticorpi monoclonali (aducanumab, lecanemab e donanemab). «Il Lecanemab – dice Clerici – al momento è stato approvato dalla Food and Drug Administration, ma a livello Europeo non ci sono ancora disposizioni per la sua prescrizione e commercializzazione. Tutti e tre questi anticorpi monoclonali hanno l’obiettivo di bloccare gli aggregati di beta-amiloide ma sembrano funzionare nelle fasi iniziali della malattia, ecco perché la diagnosi precoce resta fondamentale».

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