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Il caso Georgieva scuote il Fmi e gli Usa valutano le dimissioni

Il ‘caso Georgieva’ scuote e imbarazza il Fondo monetario internazionale a ridosso del tradizionale appuntamento autunnale che a Washington vedrà riuniti tutti i ministri dell’economia e i governatori delle banche centrali mondiali. La posizione della direttrice del Fondo appare sempre più in bilico dopo le gravi accuse secondo cui avrebbe favorito la Cina quando lavorava alla Banca Mondiale, manipolando alcuni dati.

Così all’indagine interna condotta dal board del Fondo si sarebbe aggiunta quella del Tesoro americano che, secondo fonti dell’amministrazione Biden, starebbe discutendo anche l’ipotesi di clamorose dimissioni. In particolare, nella stanza del segretario al Tesoro Janet Yellen si starebbe valutando se debbano essere gli Stati Uniti, i maggiori azionisti del Fondo monetario internazionale, a chiedere eventualmente il passo indietro della direttrice. Anche se per ora al Tesoro nessuno conferma e ci si limita ad affermare pubblicamente come per gli Usa “l’integrità delle istituzioni internazionali è una priorità assoluta”.

Intanto Kristalina Georgieva, 68 anni, economista e politica bulgara che è stata anche commissario europeo per la programmazione finanziaria e il bilancio, si difende con forza respingendo ogni addebito. Sentita dal board del Fondo avrebbe affermato – secondo il testo della sua testimonianza ottenuto dal Financial Times – di non aver “mai fatto pressione per alterare dati o analisi solo per far piacere a un particolare governo”, e di non aver “mai fatto pressione su nessuno per manipolare dati”. La direttrice generale del Fondo avrebbe quindi evidenziato “cinque errori fondamentali” commessi secondo lei nel rapporto dello studio legale WilmerHale, quello a cui la Banca Mondiale ha affidato l’inchiesta: “Sono giunti a conclusioni sbagliate sulla base di impressioni e opinioni di persone che non hanno partecipato agli eventi”, ha denunciato la Georgieva.

Ma in base alle testimonianze di centinaia di ex dipendenti della Banca Mondiale la politica bulgara sarebbe stata “direttamente coinvolta” negli sforzi per migliorare il posizionamento della Cina nel rapporto ‘Doing Business 2018’, mantenendola al 78mo posto invece di certificare lo scivolone all’85ma posizione. Si tratta di un rapporto annuale in cui si misurano i costi sostenuti dalle aziende in base alle leggi e ai regolamenti in 190 Paesi, per stabilire così dove è più conveniente fare impresa. Le presunte pressioni della Georgieva per modificare i dati, aggiunge l’inchiesta, sarebbero state esercitate mentre la Banca mondiale cercava di ottenere l’appoggio di Pechino per un aumento di capitale.

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