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Il Giappone scaricherà le acque di Fukushima nel Pacifico, Cina e Corea del Sud irritate

Il governo del Giappone ha annunciato che scaricherà nell’Oceano Pacifico 1 milione di tonnellate di acqua radioattiva, trattata e accumulata nella centrale nucleare di Fukushima, gravemente danneggiata dopo il terremoto del marzo 2011. Una decisione che ha subito scatenato un’ondata di critiche, timori e accuse da parte dei Paesi vicini, in particolare quanti si affacciano sulla stessa porzione di oceano, ovvero Cina e Sud Corea, nonché dall’Unione europea che ha chiesto garanzie in merito.

Anche se l’operazione non dovrebbe cominciare prima di 2 anni e durare decenni, non è la prima volta che le autorità di Tokyo devono fare i conti con posizioni critiche in merito allo scarico dell’ingente quantità di acqua contaminata, immagazzinata in più di 1.000 serbatoi del sito di Fukushima, la cui capacità di stoccaggio sarà raggiunta entro l’autunno 2022. Mesi fa il governo nipponico e l’operatore dell’impianto Tokyo Electric Power (Tepco) avevano già ventilato la soluzione del lento rilascio in acqua come l’opzione più probabile. Ad insorgere allora erano stati soprattutto organizzazioni ambientaliste, pescatori locali. Ora che il premier Yoshihide Suga ha comunicato la decisione finale, il dibattito si riapre. Un annuncio fatto in un contesto già complesso per il Paese del Sol Levante, tra ripresa della pandemia di Covid-19 e l’attesa apertura dei giochi olimpici Tokyo 2020, tra meno di 100 giorni. La prima reazione avversa è arrivata dalla Cina: “E’ irresponsabile al massimo e nuocerà gravemente alla salute e alla sicurezza pubblica nel mondo oltre che agli interessi vitali dei Paesi vicini”; per Pechino l’oceano “è una proprietà comune dell’umanità”, quindi il rilascio di acque contaminate “non è una questione interna giapponese”. Secondo la Cina, una decisione del genere non può quindi essere presa “senza l’autorizzazione o almeno la consultazione di tutti i Paesi interessati e dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea)”. Sulla stessa linea critica il governo della Corea del Sud, che ha espresso “forte rammarico” per tale decisione e la protesta del popolo sud-coreano. Le autorità di Seul intendono rivolgersi all’Aiea e alla comunità internazionale affinché esaminino le questioni di sicurezza relative allo scarico di acque contaminate nell’oceano.

A Tokyo chiedono invece trasparenza e la verifica delle informazioni relative al trattamento complessivo delle acque radioattive di Fukushima. Intanto come primo gesto concreto di disapprovazione il ministero degli Esteri sud-coreano ha convocato l’ambasciatore giapponese a Seul, Koichi Aiboshi.  Anche da Bruxelles è arrivato un monito al governo giapponese, con la richiesta della Commissione europea di garanzie in merito al rispetto degli obblighi nazionali ed internazionali da parte di Tokyo in qualsiasi scarico attuerà.

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