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Il porno online? La prima volta è a 12 anni

Il 30% delle immagini che corrono online e un quarto delle ricerche su Google hanno a che fare con la pornografia. Le quattro piattaforme hard che dominano il mercato – XVideos, XNXX, xHamster e Pornhub – sono tra i siti più visitati al mondo. Età del primo accesso: 12 anni. «Troppo porno e troppo presto», scrive Lilli Gruber nel suo libro ‘Non farti fottere. Come il mercato del porno online ti ruba fantasia, desiderio e dati personali’.

L’Italia, nel 2023, è in ottava posizione fra i fruitori mondiali di porno, sul podio ci sono Stati Uniti, Filippine e Francia. Se quasi nessuno ne parla, dunque, in moltissimi però guardano. «Non è una problema morale», scrive Gruber, «ma un problema sociale e civile. Ridurre la conoscenza e la cultura del sesso al porno online, nel silenzio e nell’ipocrisia, significa inquinare la nostra convivenza e ipotecare il futuro delle generazioni digitali». Banalizzazione dello stupro, cultura della violenza, disprezzo per la libertà femminile, tutto gratis, a portata di click.

Interpellata dall’autrice per il suo saggio, la filosofa Rosi Braidotti, spiega che «oggi i giovani sono consumatori di pornografia, ma anche di droghe e sono tremendamente depressi. Si consumano a morte nel disperato tentativo di dare una risposta alla dimensione del desiderio che, per definizione, deve restare aperta, perché la si esplora vivendo. Vivere è restare sul precipizio di cose che non comprendi e che soprattutto non puoi consumare. So che sembra complicato, ma sono convinta che la sola via per un’efficace educazione sessuale, affettiva e digitale sia partire da qui, ampliare il dibattito, perché noi non consumiamo solo sesso, consumiamo tutto e i ragazzi consumano le loro vite, si consumano».

L’autrice spiega invece che «è la politica che deve decidere, ma rapidamente, perché il supermercato sempre aperto della pornografia online a disposizione gratis dei minorenni è una vera emergenza educativa. Parliamone, studiamo il fenomeno. Battersi per l’educazione al sesso nelle scuole significa battersi per la libertà e la felicità delle nuove generazioni e mettere un freno all’ignoranza e alla violenza. Va benissimo anche chiamarla educazione alle relazioni, ma bisogna andare fino in fondo. Sia chiaro: io penso che nel privato i maggiorenni possano fare quello che vogliono, ma il problema sono i minorenni. Ed è lì che la politica, soprattutto quella che si picca di essere il grande difensore della sacra famiglia, dovrebbe capire che non possiamo consentire che questo porno massificato, globalizzato, standardizzato, violento sia a portata di mano di ogni bambino che ha in tasca uno smartphone. Non sono bacchettona, non voglio censure, non occorrono grandi azioni. Intanto si cominci a fare quello che è fattibile, cioè introdurre l’educazione sessuale come materia obbligatoria nelle scuole. I genitori raccontano di sentirsi abbandonati, di non essere capaci, da soli, di far fronte all’emergenza, anche perché il mezzo di trasmissione e l’offerta sono potentissimi. Perché non ci muoviamo? Perché nessuno ne parla?».

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