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Il web trasforma il coronavirus in un business

Criptovalute che fanno guadagnare sul numero di morti per coronavirus sono state segnalate dalla testata indiana Business Today. Il meccanismo funzionerebbe sulla base di una divisa virtuale simil-Bitcoin: girando sulla piattaforma Blockchain, si impernia su un sistema di ‘token’, gettoni, che si bruciano nella misura in cui aumentano i decessi. Più token si bruciano, maggiore è il valore della ‘moneta’, battezzata ‘Corona-coin’. Il numero totale di token sarebbe pari, secondo quanto dichiarato dagli sviluppatori, alla popolazione mondiale, ossia circa 7,5 miliardi di persone (e quindi di token).

Ma c’è tutto un mondo della speculazione che ruota attorno a eventi catastrofici, ad esempio i cosiddetti ‘Cat-Bond’, obbligazioni istituite dalla Banca mondiale per dare risorse al Pandemic Emergency Financing Facility (Pef), uno strumento per veicolare i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo soggetti a rischio pandemia. Che ancora, però, non è stata dichiarata come tale dall’Organizzazione mondiale della sanità per quanto riguarda il coronavirus. In ogni caso, chi opera con questi strumenti, sa che si ‘scommette’ sul verificarsi di un certo fatto: a seconda che accada o meno, si guadagnano o si perdono cifre notevoli.

Fra gli esperti del settore c’è chi vede il lato positivo del ‘Corona coin’ e nelle discussioni sulle chat di riferimento c’è chi sottolinea la ricaduta positiva che questo sistema può apportare all’healthcare. Non mancherebbe, inoltre, un tocco di solidarietà, che renderebbe il tutto, a dir poco, meno moralmente discutibile: il 20% dei ricavi, secondo quanto riferito dagli sviluppatori della piattaforma, verrebbe devoluto alla Croce Rossa. Qualcuno si spinge a sostenere che le criptovalute ‘a tema’, in questo caso sanitario, contribuirebbero a diffondere la consapevolezza su problematiche specifiche. In ogni caso, uno dei siti in questione, ‘coronatoken.org’ si presenta con una grafica inequivocabile: sullo sfondo, tanti piccoli ‘coronavirus’ con al centro un logo stilizzato che richiama l’idea di valuta, a metà tra il dollaro e l’euro. Il tutto collegato da uno schema ‘a rete’ che culmina con un claim da toccar ferro: “La prima crypto al mondo sostenuta da attestato di morte”. Segue una sorta di ‘libro bianco’ sul funzionamento del ‘CoronaCoin’. In inglese e francese, per non sbagliare.

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