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Industria delle nozze al palo, crolla il wedding tourism

Il grido di allarme lanciato qualche giorno fa dal wedding and fashion designer Enzo Miccio viene confermato da una ricerca di Jfc anticipata dall’agenzia stampa Ansa: oltre al turismo la pandemia ha messo in ginocchio la prolifica “industria” legata al settore matrimoni e ha totalmente massacrato il cosiddetto Wedding Tourism che prima dell’emergenza sanitaria faceva registrare numeri da sballo (nel 2019 1,783 milioni di presenze generate dall’organizzazione di 9.018 matrimoni di stranieri in Italia, per complessivi 486 milioni di euro di fatturato). Toscana, Costiera amalfitana ma anche Puglia, Lago di Como e ovviamente Venezia hanno stregato anche moltissimi vip stranieri, da George Clooney e Amal Alamuddin a Tom Cruise e Katie Holmes, da Justin Timberlake e Jessica Biel a Kanye West e Kim Kardashian.

“Considerando che i mercati Usa e Gran Bretagna – afferma Massimo Feruzzi, amministratore unico di Jfc e direttore dell’Osservatorio Italiano Destination Wedding Tourism – rappresentavano in epoca pre-pandemia ben il 39,6% del valore del wedding tourism, è interessante focalizzare l’attenzione su come si stanno comportando proprio questi mercati. Dalla rilevazione emerge che i wedding specialists operanti in questi due mercati hanno perso, nel corso del 2020, il 69,7% degli eventi ed il 78,9% di fatturato. Tuttavia rimane elevato l’interesse per l’Italia come destination wedding, in quanto oggi il 59,2% dei wedding specialists di questi due mercati anglofoni dichiara di avere molta richiesta per l’Italia, purtroppo al momento impossibile da soddisfare”.

E la ripresa non è proprio dietro l’orizzonte: per il 45,2% di questi operatori non sarà prima della primavera 2022, ma c’è anche una quota del 35,5% che prevede il ritorno in Italia addirittura in data successiva. Feruzzi continua: “Questi dati, provenienti dai due principali mercati generatori di flussi di Wedding Tourism, fanno comprendere il perché del tracollo del settore in Italia: nel 2020 ha purtroppo segnato un -87,3% di presenze ed un ancor più significativo -92,7% di fatturato rispetto ai dati dell’anno precedente, assestandosi pertanto a 35,5 milioni di fatturato generati da 226mila presenze (rispetto agli oltre 486 milioni di fatturato e 1,783 milioni di presenze del 2019)”.

L’industria del wedding tourism nell’era pre Covid-19 coinvolgeva oltre 75 mila aziende operanti nella filiera: dalle imprese di intrattenimento (12.437) ai fotografi e video maker (11.812); dalle strutture ospitali (9.691) alle location per l’evento (7.037); dalle società di catering e ristorazione (4.783) ai flower designers (4.023); dagli hairstylist (6.384) ai wedding cakes designers (653), etc. fino ai wedding planners. Un esercito di operatori che è stato pienamente colpito dalle restrizioni imposte dalla pandemia, tra blocco dei collegamenti aerei unitamente alla difficoltà di mobilità, la negazione agli assembramenti insieme all’impossibilità di spostarsi fuori Comune o nazione.

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