Ipotesi scientifica: un batterio intestinale fa la differenza nella resistenza al Covid
Il Giappone sembrerebbe fornire un modello da seguire nella lotta contro il coronavirus. Il paese del Sol Levante ha infatti avuto uno dei tassi di mortalità per Covid-19 più bassi del mondo. La spiegazione di questo incredibile risultato è in un recentissimo studio pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One, un team giapponese guidato da Masaaki Hirayama, professore associato alla Graduate School of Medicine della Nagoya University Graduate School of Medicine e di altri istituti giapponesi, ha suggerito che il batterio “Collinsella intestinale” può ridurre gli effetti delle infezioni da Covid-19 e quindi spiegare i differenti tassi di mortalità tra i diversi paesi asiatici ed Europei. Lo studio, basato su dati del febbraio 2021, prova che i Paesi come Corea del Sud, Giappone e Finlandia hanno una fetta della popolazione con la flora intestinale contenente il batterio Collinsella, tra il 34% al 61%, hanno anche i più bassi tassi di mortalità dovuta al coronavirus. Al contrario, Messico, Italia, Stati Uniti, Regno Unito e Belgio, che comprendono solo dal 4% al 18% delle popolazioni con Collinsella, hanno mostrato alcuni tra i tassi di mortalità più elevati dalla pandemia. La correlazione negativa scoperta dai ricercatori nipponici, collega una scarsa presenza nella flora intestinale del batterio Collinsella e le morti per Covid. Questo potrebbe essere attribuito alla capacità dei batteri di produrre ursodeossicolato, che inibirebbe il legame del virus e l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2), il principale punto di ingresso nelle cellule per molti coronavirus.
È da sottolineare che lo studio in questione è stato sottoposto a una revisione paritaria completa ed è stato pubblicato sulla rivista americana di scienza e medicina ad accesso aperto su “Plos One”, tra le più importanti riviste medico scientifiche a fine novembre. Il professor Hirayama ha scoperto che l’azione del “batterio Collinsella” trasforma gli acidi biliari dell’intestino in “acido ursodeossicolico”, che ha la capacità di recedere il legame del coronavirus al suo recettore e inibire la risposta immunitaria potenzialmente mortale chiamata tempesta di citochine. L’importanza del cd “bioma intestinale” per il nostro sistema immunitario è studiata da anni e oggetto di centinaia di pubblicazioni scientifiche. Probabilmente è una delle manifestazioni più affascinanti della grande capacità di adattamento della nostra specie “Homo Sapiens” che in questo modo può adattarsi anche ad ambienti dove sono endemici virus e malattie mortali, acquisendo una sorta di “simbiosi” con questi batteri e microorganismi che si stabiliscono e riproducono nel nostro intestino. Un approccio simile esiste nelle piante che da milioni di anni vivono in simbiosi con batteri e funghi micorrizici che le aiutano ad assorbire i diversi nutrienti e difendersi da malattie e predatori.