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Le migrazioni interne della Cina creano milioni di orfani di fatto

Il termine cinese è “liushou ertóng”, significa “bambini lasciati indietro” e indica i bambini lasciati al paese dai genitori andati a lavorare in città lontane. Nel Paese del Dragone si stima che 300 milioni di contadini hanno lasciato la campagna per trovare occupazione in catene di montaggio e cantieri creando una massa di orfani di fatto.

Nel 2013 l’Associazione statale delle donne cinesi pubblicò un primo rapporto secondo il quale 61 milioni di minori sotto i 17 anni vivevano lontani dai genitori: il 38% di tutti i figli della Cina. Le prime tragedie emerse da quel clima di disgregazione familiare (violenze, abbandono della scuola, depressione, suicidi) spinsero il governo di Pechino a intervenire con un piano da 14 miliardi di yuan per mandare insegnanti nei paesi più diseredati. Nel 2016 il Ministero degli affari civili proclamò che il numero dei “liushou” era stato ridotto a 9 milioni ma nel 2023 l’Ufficio nazionale di statistiche di Pechino e l’Unicef hanno rivelato che sono 66,9 milioni i minorenni lasciati in campagna o in piccoli centri di province remote dai genitori che lavorano lontano. I sociologi dicono che il 30% dei bambini che crescono senza padre e madre sono a carico dei nonni; l’11% di altri parenti o dei vicini del villaggio. E almeno 2 milioni di “liushou“ vengono semplicemente abbandonati a loro stessi in casupole dove non c’è un adulto. Un terzo dei minori in queste condizioni è clinicamente depresso. I bimbi fino ai 6 anni di età sono il 75% dei «lasciati indietro».

Il governo centrale ha comunque fatto molto, almeno per assicurare un’istruzione ai bambini soli. Ci sono controlli per ridurre il numero di chi non frequenta la scuola, fondi per ospitarli in dormitori più confortevoli delle loro catapecchie. E nel 2018 da una classe delle elementari nello Yunnan arrivò la storia di “Fiocco di neve”. Wang Fuman, 8 anni, ogni giorno faceva a piedi da solo quattro chilometri nei campi per arrivare a lezione; quella mattina c’erano 9 gradi sotto zero. Entrò con i capelli ridotti a fili di ghiaccio e le sopracciglia bianche. Il maestro scattò una foto col telefonino e la lanciò sui social, per mostrare ai cinesi la dedizione del piccolo “liushou”. Le autorità di Pechino si impossessarono del caso, invitarono Fuman nella capitale, lo ospitarono per qualche giorno in un bell’albergo, trovarono un impiego al paese per il papà. “Fiocco di neve” che aveva colpito il cuore della Cina e del Partito fu riscattato. Ma altri 66 milioni di figli lasciati indietro pesano sulla coscienza dei pianificatori della seconda economia del mondo.

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