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L’Ocse bacchetta l’Italia: il lavoro dipendente è troppo tassato

L’Ocse si complimenta con l’Italia, la sua Imposta sui redditi delle persone fisiche (Irpef) ha una capacità redistributiva della ricchezza più incisiva che in altri paesi europei e una progressività più marcata che nella maggioranza dei paesi Ocse. Peccato però che pesi soprattutto e solo su un tipo di reddito, cioè il reddito da lavoro dipendente con effetti negativi sull’occupazione e disincentivanti per il lavoro. Questa in sintesi la relazione di Pascal Saint-Amans direttore del centro di politica fiscale dell’Ocse ascoltato davanti alle commissioni finanze di Camera e Senato nel quadro dell’indagine conoscitiva sulla riforma fiscale. “In Italia il peso del cuneo fiscale sui redditi da lavoro dipendente, che comprende sia le imposte fiscali sia i contributi sociali, è molto alto rispetto agli altri paesi europei questo è un disincentivo all’occupazione”, ha detto. L’Italia quindi “dovrebbe ridurre il cuneo proprio per migliorare i livelli di occupazione”. Inoltre, altro problema “la progressività della tassazione sale in maniera molto forte sui redditi medi Irpef. Non avete, ad esempio come in Francia un’aliquota zero ma si parte subito con aliquote piuttosto alte” cioè dal 15% che poi sale subito al 23%.

Per quanto possa agevolare la lotta all’evasione e l’emersione di attività in nero, all’Ocse non piace nemmeno la flat tax sulle partite Iva “l’Italia dovrebbe valutare di rivedere l’adeguatezza del regime forfettario al 15% per i titolari di partita Iva con redditi fino a 65.000 euro bilanciando l’incoraggiamento allo sviluppo delle Pmi con la garanzia all’equità orizzontale del sistema fiscale e la riduzione al minimo dell’elusione fiscale”, ha detto Saint-Amans, tanto più che Il regime forfettario “contrasta in modo significativo” con la progressività “che si applica ai salariati dove viene applicata un’aliquota fino al 41%”.

Per alleggerire il peso sui redditi da lavoro dipendente e ridurre il cuneo fiscale, a parere dell’Ocse sarebbe opportuno spostare parte della pressione fiscale verso altre fonti di reddito, che oggi avrebbero una tassazione troppo distorsiva: e prevedere una progressività anche per la tassazione sui capitali. E poi sperare nella web tax. Se si raggiungerà un accordo al prossimo G20 di Venezia, questa tassa potrebbe arrivare a portare in Italia 100 miliardi di euro grazie al fatto che la tassazione avverrebbe nei paesi dove vengono acquistati i beni venduti on line.

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