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Russia e Cina sono amici, ma in Africa sono concorrenti

La guerra in Ucraina sta ridisegnando le alleanze internazionali e anche quelle in Africa. Cina e Russia, per diversi motivi, stanno portando avanti le rispettive marce di “conquista” del continente africano, con interessi diversi e per taluni aspetti divergenti, anche se hanno in comune un medesimo tratto: né Mosca né Pechino chiedono principi di condizionalità ai partner africani. Ma il capitale che può offrire la Cina non è certo nelle disponibilità della Russia.

Non è un caso che il commercio sino-africano abbia superato i 2mila miliardi di dollari nell’ultimo decennio e la Cina è rimasta il principale partner commerciale dell’Africa. Nel 2022 i nuovi investimenti diretti della Cina in Africa sono stati pari a 3,4 miliardi di dollari. Sembra, quasi, che la Cina lasci al suo partner russo in Africa solo le briciole.

L’approccio che Pechino e Mosca riservano all’Africa, poi, è molto diverso. L’azione russa si è sempre rivolta a Paesi ad alto rischio come il Sudan, il Mozambico, parte del Sahel – Mali e Burkina Faso in testa – nella Repubblica Centrafricana, nel Nord, in Libia in particolare, in buona sostanza dove, inoltre, vi è una forte presenza jihadista. L’offerta russa si basa su un approccio securitario attraverso la Compagnia di mercenari Wagner che combattono a fianco degli eserciti regolari, come nel Sahel, o a supporto di milizie. E, poi, attraverso la fornitura di equipaggiamenti militari. Questa è un’arma di penetrazione che consente a Mosca di fare crescere la sua influenza. È stato evidente nel Sahel, in particolare in Mali, dove è riuscita, in pochissimo tempo, a sostituire l’influenza francese con la sua, anche grazie a un’azione di propaganda, attraverso i social, che ha fatto crescere il sentimento anti-francese e avvicinato le opinioni pubbliche alle sue posizioni. Le bandiere russe hanno sventolato nelle piazze di Bamako.

L’azione della Cina, invece, è capillare e diffusa ovunque. I numeri dell’interscambio e degli investimenti diretti lo dimostrano, anche se il rapporto rimane squilibrato e a favore del dragone che sembra inamovibile dal divano africano. L’obiettivo, tuttavia, della Cina è quello di portare le importazioni cinesi dal continente africano a 100 miliardi di dollari per arrivare a 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. Tutto ciò dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che Mosca non ha nemmeno lontanamente la capacità di influenza politica ed economica che, invece, la Cina esercita in Africa.

Anche per queste ragioni Mosca e Pechino rimangono competitor e non partner nel continente. Ma c’è un ‘ma’, come sempre. Se l’Africa ha bisogno della Cina – sono in molti gli analisti che pensano sia in atto una nuova colonizzazione da parte di Pechino – la Russia ha bisogno dell’Africa. Ha detto Marco di Liddo, direttore del Centro Studi Internazionali: «A Mosca servirà il supporto africano. Per due motivi: il primo perché deve trovare nuovi partner, nuove fonti di approvvigionamento, e nuovi mercati alternativi a quello europeo. In secondo luogo perché il sogno della Russia è quello di rafforzare il suo ruolo di gigante minerario per cercare poi di militarizzare le risorse, sviluppando tecnologia bellica. Questa è una partita che non va sottovalutata, cruciale anche per il nostro futuro, perché l’Europa è molto fragile, e rischia di perdere terreno di influenza in Africa, con le sue risorse sempre più contese strategicamente».

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