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Tra Star Wars e X-Men, la guerra futura per la Nato

L’umanità è sull’orlo di un’ennesima rivoluzione industriale, con tecnologie oggi impensabili, quasi fantascientifiche, presto (forse) a portata di mano: capire che effetti potranno avere sull’arte della guerra, da sempre permeabile alle sperimentazioni pur di ottenere vantaggi sul nemico, è dunque fondamentale. La Nato ci prova con uno studio poderoso, che analizza da qui al 2043 le possibili applicazioni pratiche più dirompenti del panorama scientifico. Con scenari inquietanti. Dai ‘super-soldati’ interconnessi tra loro “grazie al 6G” agli “sciami di microrobot killer”, guidati da comandanti assistiti dall’intelligenza artificiale. “Comprendere se queste tecnologie emergenti (o Edt) rappresentino un problema o un’opportunità, come si manifesteranno e cosa significheranno per l’Alleanza, è un ottimo primo passo e contribuirà a garantire che la Nato rimanga tecnologicamente preparata e operativamente rilevante”, si legge nel report. L’attenzione è rivolta a dieci aree precise: AI, robotica e sistemi autonomi, biotecnologia e bioingegneria, big data, elettronica ed elettromagnetica, energia e propulsione, ipersonica, nuovi materiali e manifattura d’avanguardia, tecnologie quantistiche e tecnologie spaziali. Nonché alle interazioni fra loro, poiché proprio la contaminazione genererà le soluzioni più spiazzanti. Lo studio prova allora a immaginare quali possano essere le conseguenze per l’Alleanza (la sezione Blue) ma anche per il nemico (è la casella Red, in sostanza Russia e Cina).

Il lettore viene aiutato da ipotesi concrete, settore per settore. In futuro la AI potrà dunque “creare o individuare» notizie false, da distribuire sui social, oppure “falsi video (deep fake)” per “distruggere la fiducia del nemico”. Un altro scenario, ricorrente poiché multi-dominio, è quello dei “collegamenti neurologici diretti integrati per consentire l’interazione, la collaborazione e la simbiosi naturale tra uomo e l’intelligenza artificiale”. Con tutte le implicazioni etiche annesse e connesse. La Nato sul punto s’interroga con una nota di reale preoccupazione: “Vi saranno implicazioni sul campo di battaglia se il nemico dovesse avere un vantaggio significativo in termini di prestazioni e se non fosse vincolato dalle stesse considerazioni etiche”. La bioingegneria è proprio il campo dove si prevedono le conseguenze più distopiche, dato che “le tecnologie di potenziamento umano dovrebbero essere disponibili nei prossimi 20 anni e cambieranno la nozione stessa di soldato, marinaio o aviatore”.

Ecco allora la possibilità di “potenziare i sensi umani e le capacità cognitive a livelli sovrumani per aumentare la velocità di apprendimento e comprensione, riducendo i tempi di reazione” oppure “l’autocura” di ferite, lesioni o malattie «utilizzando soluzioni di ristrutturazione del Dna o di biologia sintetica”. Insomma, quasi degli X-Men. Gli avanzamenti nei nuovi materiali porteranno poi ad “armature smart”, leggere come abiti ma “resistenti ai proiettili”, oppure ai “kit da uomo ragno”, che permetteranno alle forze speciali di arrampicarsi su pareti vetrate o comunque verticali come tanti Peter Parker (ma anche, più banalmente al carro armato elettrico o tutt’al più ibrido).

L’ipersonica – e qui la Nato riconosce alla Russia di essere avanti – potrebbe portare invece allo sviluppo di missili poderosi, in grado di distruggere “un’intera portaerei con la sola forza cinetica, impedendo il loro avvicinamento ai teatri di guerra”. Oppure lo sviluppo di “raggi di energia difensiva, tipo laser”. Lo spazio, ovviamente, sarà pure territorio di conquista, con “satelliti alla Star Wars” capaci di “colpire in modo chirurgico obiettivi di 10 centimetri di diametro sulla Terra” (ma anche, più subdolamente, usare “la spazzatura spaziale come arma” e colpire il nemico senza lasciare tracce dirette). Fantasie? Chissà. Intanto il dipartimento scientifico della Nato spiega che, per stilare il rapporto, ha appositamente creato un programma a base di AI per “collezionare e processare le informazioni” e che sarà “presto potenziato”. Insomma, senza un po’ di futuro non c’è più futuro.

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