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Anche il sistema della giustizia a servizio del regime

Una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica

Montesquieu, dal libro ‘Spirito delle leggi’ (1748)

Durante questi ultimi anni l’autore di queste righe ha fatto spesso riferimento al principio della separazione dei poteri. Un principio che si basa sulla necessità di garantire la sovranità dello Stato e che individua tre poteri, i quali devono essere sempre attivi e ben indipendenti uno dall’altro, proprio per non permettere abusi di potere che danneggerebbero il normale funzionamento di uno Stato democratico. Il principio della separazione dei poteri era già noto dall’antichità, sia in Grecia che, in seguito, anche nella Roma antica. Un principio trattato da Platone, nella sua nota opera “La Repubblica” e da Aristotele, nella sua opera “La Politica”. Un principio che venne adottato anche nella Costituzione della Roma antica. Ma un trattamento dettagliato del principio della separazione dei poteri in uno Stato democratico è stato fatto secoli dopo. Prima da John Locke, nella sua opera “Due trattati sul governo”, pubblicata nel 1690. In seguito Charles-Louis de Secondat, barone di Montesquieu, dopo un lungo e impegnativo lavoro, durato per ben quattordici anni, pubblicò  nel 1748 un insieme di trentuno libri, raccolti in due volumi ed intitolato “Spirito delle leggi” (De l’esprit des lois; n.d.a.). Un vero e proprio trattato del pensiero politico e giudiziario del Settecento che è attuale anche adesso. Montesquieu evidenziava e definiva i tre poteri che dovevano essere divisi ed indipendenti; il potere legislativo, il potere esecutivo ed il potere giudiziario. Il principio della separazione dei poteri, tra l’altro, serve per identificare se un’organizzazione statale, in un determinato Paese, è quella democratica, oppure si tratta di una delle diverse forme di un regime dittatoriale. Ovviamente Montesquieu, quando ha scritto la sua opera prendeva in considerazione l’organizzazione statale di quel tempo, tenendo presente soprattutto l’organizzazione statale nel Regno Unito e la sua Costituzione. Perciò affermava che il potere legislativo “…verrà affidato e al corpo dei nobili e al corpo che sarà scelto per rappresentare il popolo”. Invece, per quanto riguarda il potere esecutivo “…deve essere nelle mani d’un monarca, perché questa parte del governo, che ha bisogno quasi sempre d’una azione istantanea, è amministrata meglio da uno che da parecchi”. Mentre, riferendosi al potere giudiziario, Montesquieu ribadiva che doveva essere rappresentato ed esercitato da “…giudici tratti temporaneamente dal popolo”. Il potere giudiziario dovrebbe, altresì, “…essere sottoposto solo alla legge, di cui deve riprodurre alla lettera i contenuti”. Secondo lui il potere giudiziario, doveva essere “la bouche de la lois” (la bocca della legge; n.d.a.). L’autore di queste righe, analizzando e trattando per il nostro lettore il principio della separazione dei poteri, evidenziava anche la convinzione di Montesquieu, secondo la quale “…Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti […]. Perché non si possa abusare del potere occorre che […] il potere arresti il potere”. Perciò Montesquieu ribadiva che era indispensabile sia l’esistenza che la separazione dei tre poteri: il legislativo, l’esecutivo e quello giudiziario. E spiegava anche il perché. Secondo lui “In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi, per sempre o per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati”. Sottolineando che Montesquieu ne era altresì convinto che “…una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica” (Un regime totalitario corrotto e malavitoso; 13 agosto 2022).

Quando sta accadendo in questi ultimi anni in Albania, fatti alla mano, tra l’altro e purtroppo testimonia palesemente ed inconfutabilmente anche la consapevole violazione del principio della separazione dei poteri. Un principio sul quale si basano anche alcuni articoli della Costituzione della Repubblica d’Albania. Quanto sta accadendo anche in questi ultimi giorni testimonia palesemente ed inconfutabilmente che in Albania, ogni giorno che passa, si sta consolidando perciò e sempre di più un pericoloso regime dittatoriale. Pericoloso, non solo perché è un regime oppressivo, come tutti i regimi dittatoriali. Pericoloso non solo perché è camuffato da una parvenza, da una fasulla facciata pluripartitica, ma soprattutto pericoloso proprio perché, fatti accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, testimoniano che il regime ormai attivamente operativo in Albania rappresenta una ben pericolosa alleanza. Si tratta di un’alleanza tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. E soprattutto uno di questi raggruppamenti di oltreoceano è molto attivo non solo in Albania, ma in molte altre parti del mondo. Un raggruppamento che finanzia ingenti somme di denaro con lo scopo di promuovere la cosiddetta “Società aperta”, per poi controllare quanto più possibile. Uno dei principali obiettivi di quell’organizzazione/raggruppamento occulto presente ed attiva in varie parti del mondo, dove investe centinaia di milioni per “beneficenza”, è anche il controllo delle varie istituzioni dei sistemi della giustizia. Sia negli Stati Uniti d’America, dove ha la sede base quell’organizzazione, sia in molti altri Paesi ovunque nel mondo. Compresa anche l’Albania. E in Albania quel raggruppamento occulto appoggia palesemente da anni l’attuale primo ministro, una persona accuratamente scelta precedentemente e poi promossa e sostenuta. Non a caso la filiale albanese di quell’organizzazione della “Società aperta” ha ideato e poi scritto la riforma del sistema della giustizia. Una riforma approvata, in seguito, con tutti i voti dei deputati del parlamento albanese il 17 luglio 2016. Una riforma che è il “vanto” del primo ministro albanese. Una riforma di cui si vantano pubblicamente anche i suoi veri ideatori, i rappresentanti di quell’organizzazione/raggruppamento occulto che è anche una parte attiva dell’alleanza pericolosa che gestisce, abusa ed approfitta del regime dittatoriale operativo da qualche anno in Albania. Una “riforma” quella del sistema della giustizia, che però fatti accaduti, documentati e pubblicamente denunciati alla mano, da quanto è stata approvata dal parlamento, ha permesso al primo ministro albanese, di controllare personalmente e/o da chi per lui, tutte le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia. Il nostro lettore è stato informato spesso e a tempo debito anche di tutto ciò.

La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese è ben diversa da quella che cerca inutilmente di nascondere il primo ministro albanese e la sua potente e ben organizzata propaganda. La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese è ben diversa anche da quella che, non di rado, presentano con ipocrisia certi alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, soprattutto quelle dell’Unione europea. Ma anche da alcuni alti rappresentanti istituzionali di singoli Stati membri dell’Unione. La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese dimostra in modo inequivocabile anche il voluto ed, in seguito, attuato annientamento di tutto quello che stabilisce il principio della separazione dei poteri, maestosamente presentato da Montesquieu, già dal 1748! La vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese rappresenta perciò anche una convincente testimonianza del consolidamento del regime dittatoriale sui generis, istituito ormai da qualche anno in Albania.

Una diretta testimonianza del ben ideato e altrettanto ben attuato fallimento della “riforma” del sistema della giustizia in Albania è stata resa pubblicamente nota la scorsa settimana dal rapporto ufficiale per il 2023, dell’organizzazione World Justice Project (Progetto mondiale della giustizia; n.d.a.). Un’organizzazione fondata nel 2006 negli Stati Uniti d’America con la partecipazione ed il sostegno attivo di ben ventuno partner strategici internazionali. L’obiettivo dell’organizzazione è quello di garantire il rafforzamento dello Stato di diritto a livello mondiale. E per raggiungere un simile obiettivo, dal 2009 l’organizzazione World Justice Project ha attivato anche un apposito strumento, noto come The World Justice Project Rule of Law Index (Indice dello Stato di diritto del Progetto mondiale della giustizia; n.d.a.). Ogni anno, grazie a questo strumento, si ottengono dati che riguardano otto distinti aspetti sullo Stato di diritto in 142 Paesi diversi del mondo, che sono soggetti dello studio. I dati si riferiscono a tutti gli otto distinti aspetti dello studio che sono: il potere limitato del governo, l’assenza di corruzione, l’ordine e la sicurezza, i diritti fondamentali, il governo aperto [che garantisce la trasparenza e la qualità dell’informazione], il rafforzamento [dell’applicazione] delle normative, la giustizia civile e la giustizia penale. Questi otto oggetti di studio sono poi suddivisi in ben quarantaquattro indicatori diversi per meglio presentare la reale situazione dello Stato di diritto in ciascuno dei 142 Paesi oggetti di studio annuale.

Ebbene, dal rapporto per il 2023 dell’organizzazione World Justice Project, risulta che l’Albania ha fatto di nuovo un ulteriore regresso. Elencata nella 91a posizione, dal 2015 ad oggi, l’Albania è solo e palesemente regredita in tutti gli indicatori dello studio attuato dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index. Riferendosi soltanto al rapporto per il 2022, l’Albania è regredita di quattro punti, passando dall’87a posizione alla 91a. Mentre riferendosi al 2017 l’Albania è regredita di ben 23 punti, passando dalla 68a posizione alla 91a di quest’anno! Più specificatamente, il rapporto per il 2023 afferma che l’Albania si posiziona al 133o posto, solo nove posti in meno dall’ultimo, per l’indicatore che si riferisce all’indipendenza del sistema giudiziario e alla sua capacità di esercitare un controllo efficace sull’operato del governo! L’Albania si posiziona al 125o posto per quanto riguarda il fatto che le decisioni dei tribunali siano indipendenti dalle interferenze illegittime del governo, degli interessi privati e delle organizzazioni criminali! L’Albania si posiziona al 122o posto riferendosi all’indicatore riguardante l’indipendenza dei funzionari della polizia di Stato, dei procuratori e dei giudici dalle influenze illegittime da parte della criminalità organizzata e, altresì, di non essere influenzati nel loro operato da illeciti pagamenti. In più, dal rapporto per il 2023 dell’organizzazione World Justice Project, l’Albania si posiziona al 107o posto riferendosi all’indicatore che riguarda le elezioni libere e le nomine dei funzionari statali e governativi in conformità con la Costituzione e le leggi in vigore. Quanto viene affermato ufficialmente dal rapporto per il 2023 in base allo studio fatto dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index, rappresenta la vera, vissuta e spesso sofferta realtà albanese, completamente diversa da quella che cerca di far credere, ingannando, il primo ministro albanese e la sua propaganda governativa. Ma quanto viene affermato ufficialmente dal rapporto per il 2023 sull’Albania, in base allo studio fatto dallo strumento The World Justice Project Rule of Law Index, rappresenta anche un’inconfutabile testimonianza della consapevole violazione del principio della separazione dei poteri, presentato nel 1748 da Montesquieu nella sua maestosa e sempre attuale opera “Spirito delle leggi”. E visto che il primo ministro controlla sia il potere esecutivo che quello legislativo, con il controllo anche del potere giudiziario, lui controlla tutti e tre i poteri ben definiti da Montesquieu. In più il primo ministro albanese controlla anche la maggior parte dei media, che ormai viene considerato come il quarto potere. Un potere questo che non esisteva nel 1748 quando Montesquieu pubblicò la sua sopracitata opera. Il che testimonia chiaramente e con convinzione che in Albania ormai da qualche anno si sta consolidando un pericoloso regime dittatoriale.

Chi scrive queste righe è convinto che in Albania ormai è consolidata una dittatura, espressione di un’alleanza pericolosa tra il potere politico, rappresentato dal primo ministro, la criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti internazionali. Una dittatura che ordina e ottiene sempre, quando ne ha bisogno, anche l’ubbidiente servizio del sistema “riformato” della giustizia. Ormai in Albania il primo ministro, rappresentante del regime, controlla tutto.  Confermando così la convinzione di Montesquieu che una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica.

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