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Angosce di un autocrate corrotto e che corrompe

Beato l’uomo che non ha peccato con le parole e non è tormentato dal rimorso dei peccati.

Libro della Siracide; Antico Testamento; 14.1

Così si legge nelle due prime righe del capitolo XIV del Libro del Siracide, nell’antichità noto come la Sapienza di Sirach. Un titolo che si riferisce all’autore, Giosuè di Sira (Yehoshua ben Sira; n.d.a.), vissuto nel secondo secolo avanti Cristo in Gerusalemme. Per poi proseguire, con l’affermazione che “Nessuno è peggiore di chi tormenta se stesso; questa è la ricompensa della sua malizia”. Il Libro del Siracide, è uno dei testi dell’Antico Testamento e parte integrante della Bibbia cattolica. Uno dei temi basilari della Bibbia è anche il rapporto tra quello che si semina e ciò che si raccoglie. Si tratta di un principio significativo che viene trattato spesso e sotto diversi aspetti, ma che comunemente è noto come il principio “Si raccoglie quello che si semina”. Non a caso si fa riferimento ad una delle più antiche attività dell’uomo: la semina. Un’attività quella che ha accompagnato sempre l’essere umano, dopo essere uscito da un periodo durante il quale l’uomo si nutriva per sopravvivere con quello che trovava nella natura. Ma nei diversi testi della Bibbia, sia in quelli dell’Antico Testamento, che del Nuovo Testamento, il principio “Si raccoglie quello che si semina” non si riferisce solo e soltanto a quell’antica attività della semina del terreno per raccogliere poi il prodotto che serviva per nutrirsi. Spesso si riferisce anche a delle azioni fatte dall’essere umano e le derivanti conseguenze, figurativamente considerate come “raccolte”. Nel Libro della Genesi, si racconta delle condanne proclamate da Dio alle sue due prime creature nel mondo: ad Adamo e a sua moglie. Lo stesso nome di Adamo in ebraico significa “uomo” e più in generale, “essere umano”. Dopo che, prima la moglie e poi Adamo, hanno mangiato la mela, il frutto proibito, compiendo così anche il peccato originale, Dio disse ad Adamo “…Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai! L’uomo (Adamo; n.d.a.) chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi” (Genesi; 3 – 17, 20). Ma in altri testi delle Sacre Scritture, il principio biblico “Si raccoglie quello che si semina” passa dall’uso primordiale e basilare, quello della nutrizione, ad altri significati. San Paolo scrive ai Corinzi: “Or questo dico: Chi semina scarsamente mieterà altresí scarsamente; e chi semina generosamente mieterà altresí abbondantemente” (Seconda Lettera ai Corinzi; 9/6). Per poi scrivere ai Galatei: “Non v’ingannate, Dio non si può beffare, perché ciò che l’uomo semina, quello pure raccoglierà. Perché colui che semina per la sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione, ma chi semina per lo Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna” (Lettera ai Galati 6;7-8). Lo stesso principio e concetto biblico si trova anche in altri testi. Il re Salomone affermava che “Chi semina iniquità raccoglierà guai, e la verga della sua collera sarà annientata” (Proverbi 22: 8). Mentre il profeta Osea constatava: “…Voi avete arato la malvagità, avete mietuto l’iniquità, avete mangiato il frutto della menzogna” (Osea 10:13). Invece in tempi molto recenti, sempre riferendosi al principio biblico “Si raccoglie quello che si semina”, lo scrittore e filosofo italiano Amedeo Rotondi affermava, tra l’altro, che ‘Gli autoritari subiranno dure imposizioni” e che “I persecutori saranno a loro volta perseguitati”.

Il principio biblico, ma non solo, secondo il quale “Si raccoglie quello che si semina” trova una concreta affermazione in queste ultime settimane anche in Albania. E si tratta del primo ministro del Paese. Di colui che, fatti accaduti e che tuttora stanno accadendo alla mano, risulta essere un autocrate corrotto e che corrompe. Ci sono tanti scandali in corso, ma anche tanti altri, messi da anni nel dimenticatoio, con la forza del potere, che coinvolgono direttamente il primo ministro albanese. Il nostro lettore è stato informato, nel corso degli anni, a tempo debito e a più riprese, di una simile realtà vissuta e sofferta. Le conseguenze di una simile realtà stanno facendo soffrire tanti albanesi, i quali, trovandosi da anni ormai nell’impossibilità di trovare lavoro, privati dalla protezione del sistema “riformato” della giustizia e rimasti senza speranza per il futuro, hanno scelto di scappare all’estero. Generando così una grave situazione, le cui conseguenze, a sua volta, si faranno sentire pericolosamente a medio e lungo termine. Ma altri fatti che stanno accadendo e si stanno rendendo pubblici in queste ultime settimane hanno messo in grosse e vistose difficoltà anche colui che ha causato tanta sofferenza. Proprio il primo ministro albanese. Colui che stia finalmente subendo le conseguenze di quello che ha precedentemente fatto. Il principio biblico “Si raccoglie quello che si semina” non fa eccezione. Il karma, concetto originario della cultura indiana, di fondamentale importanza nelle religioni buddista ed induista, sembra che si stia verificando anche per lui. E non per merito e neanche grazie al sistema “riformato” della giustizia albanese. Perché, fatti da anni accaduti, documentati ed ufficialmente denunciati alla mano, quel sistema è sotto il diretto e personale controllo del primo ministro albanese e/o di chi per lui. Tutto è dovuto a due diverse indagini svolte e tuttora in corso negli Stati Uniti d’America. Si tratta di indagini che si stanno effettuando, separatamente, dalla procura di Washington D.C. e da quella di New York da molti mesi. Il nostro lettore è stato informato anche di queste indagini. Il nostro lettore è stato informato tre settimane fa che “…Il 21 gennaio scorso, all’aeroporto internazionale John Fitzgerald Kennedy di New York, veniva arrestato un uomo di 54 anni, un importante ex funzionario dell’Ufficio Federale di Investigazione degli Stati Uniti d’America (Federal Bureau of Investigation – FBI; n.d.a.), con ventidue anni di carriera presso quell’Ufficio Federale.  […] Si tratta di colui che è stato a capo dei servizi di controspionaggio dell’FBI nella capitale statunitense fino al 2016, per poi dirigere, dall’inizio d’ottobre 2016 fino al 2018, quando è andato in pensione, la più importante divisione del servizio di controspionaggio con sede a New York”. In più il nostro lettore veniva informato anche che il primo ministro albanese “…nel settembre scorso, proprio riferendosi all’ex alto funzionario del FBI ormai sotto indagini, dichiarava che “il capo del controspionaggio dell’FBI è stato ed è mio amico, non si discute!”. Mentre l’ultima volta che è apparso in pubblico cinque giorni fa, rispondendo alla domanda di un giornalista, ha detto che si era creato un “malinteso”. Si perché lui, il primo ministro, si era espresso in inglese e parlava di “una relazione amichevole” (Collaborazioni occulte, accuse pesanti e attese conseguenze; 30 gennaio 2023).

Nel frattempo lo scandalo si sta allargando e tra le persone coinvolte direttamente in rapporti di “collaborazione” con l’ex alto funzionario dell’FBI, risulta esserci anche il primo ministro. Colui che, tra l’altro, sempre secondo le dichiarazioni ufficiali delle autorità giudiziarie statunitense, rese pubblicamente note, avrebbe usato la persona indagata, dietro pagamento e con delle informazioni uscite dal suo ufficio, per attivare delle attività lobbistiche contro l’opposizione politica albanese. Attività lobbistiche che poi avrebbero ricattato colui che dal 2013 e fino al 2022 aveva usurpato la direzione del più grande partito dell’attuale opposizione albanese. E sembrerebbe, sempre fatti accaduti alla mano, che quell’obiettivo fosse stato raggiunto. Dalle stesse indagini risulterebbe che insieme con il primo ministro albanese siano stati direttamente coinvolti, al suo servizio, anche un ex funzionario dei servizi segreti albanesi ed un “consigliere esterno” del primo ministro. Una persona, quest’ultima, che ha goduto da lui di un “trattamento speciale”. Una persona che ha avuto però “utili rapporti di conoscenza” anche con i dirigenti delle organizzazioni malavitose e trafficanti di stupefacenti in Messico. Rappresentanti che il “consigliere esterno” ha accompagnato nell’ufficio del primo ministro due anni fa. Lui, lo stesso “consigliere esterno” del primo ministro, ha avuto da anni anche dei “rapporti di lavoro e di rappresentanza’ con note ditte di imprenditoria in Cina e con “utili” riferimenti anche in Russia. Ultimamente il “consigliere esterno” del primo ministro albanese risulterebbe essere stato anche in “buoni rapporti di collaborazione” con il figlio dell’attuale presidente statunitense. Quanto sopra risulta dalle indagini svolte sia dalla procura della capitale statunitense, che da quella di New York e rese ufficialmente pubbliche. Così come risultano anche dalle indagini giornalistiche e dalle informazioni fondate e professionalmente verificate di giornali ed agenzie mediatiche statunitensi, tra le più note internazionalmente.

La scorsa settimana l’autore di queste righe, sempre riferendosi allo stesso scandalo ed al diretto coinvolgimento del primo ministro albanese, continuava ad informare il nostro lettore. Tra l’altro egli scriveva “…Quella restaurata da alcuni anni in Albania è una nuova dittatura che, fatti accaduti, documentati e che si stanno verificando anche in queste settimane alla mano, è riuscita a corrompere anche alcuni alti funzionari dell’FBI”. E poi in seguito aggiungeva che “…Quella restaurata da alcuni anni in Albania è una nuova dittatura che, fatti accaduti alla mano, con i miliardi accumulati dalla diffusa e radicata corruzione e dallo smisurato abuso di potere riesce a corrompere anche i media e non solo in Albania”. Ma da quanto sta accadendo dal 23 gennaio scorso, forse anche da prima, bensì da sempre nuovi e importanti “dettagli investigativi” che ogni giorno che passa si stanno rendendo pubblicamente noti al vasto pubblico internazionale, nonché a quello albanese, sembrerebbe che il primo ministro albanese si sia “stranamente ammutolito”. Il nostro lettore la scorsa settimana è stato informato anche di questo. “…E ‘stranamente’ da tre settimane ormai, il primo ministro albanese è ‘scomparso’. Colui che non perdeva occasione per apparire, adesso non si presenta neanche in parlamento, nonostante gli obblighi istituzionali e le richieste ufficiali fatte dall’opposizione per chiarire la sua posizione che lo coinvolge direttamente nello scandalo insieme con il suo ‘amico’, l’ex funzionario dell’FBI, ormai sotto indagini. Chissà perché?!” (Un regime corrotto e che corrompe; 13 febbraio 2023). Ma durante questa ultima settimana i fatti pubblicamente noti e/o quelli riservati ad una ristretta e confidenziale audience sembrerebbe abbiano ulteriormente condizionato lo stato d’animo del primo ministro albanese. Anche la settimana appena passata, egli è stato quasi sempre assente, ignorando i suoi obblighi istituzionali, ma smettendo di fare anche quello che faceva sempre: apparire pubblicamente per puri e semplici motivi di propaganda. Ragion per cui le cattive lingue stanno parlando ormai sempre più di tormentose angosce di un autocrate corrotto e che corrompe. E le cattive lingue in Albania, come ben si sa, difficilmente sbagliano. Angosce e tormenti, quelli del primo ministro, che sono delle dirette conseguenze delle sue malefatte in tutti questi anni in cui ha gestito abusivamente la cosa pubblica in Albania. Di colui che, fatti accaduti alla mano, è stato, almeno istituzionalmente, il promotore ed attuatore della restaurazione e del consolidamento della nuova e pericolosa dittatura sui generis, camuffata da una parvenza di pluripartitismo. Di una dittatura in base alla quale è la pericolosa alleanza tra il potere politico, rappresentato proprio dal primo ministro, la criminalità organizzata locale e internazionale e certi raggruppamenti occulti, internazionali, ma soprattutto statunitensi. Il 20 febbraio 1991, è stata finalmente abbattuta la statua del dittatore comunista, in pieno centro di Tirana. Allora nessuno avrebbe pensato che 32 anni dopo un’altra dittatura l’avrebbe sostituita. Adesso, proprio lui, il primo ministro albanese sta subendo le inevitabili conseguenze di tutto quello che consapevolmente ha fatto. Adesso lui sta subendo le conseguenze del concetto biblico “Si raccoglie quello che si semina”.

Chi scrive queste righe, nel suo piccolo, condivide il pensiero biblico, secondo il quale è beato l’uomo che non ha peccato con le parole e non è tormentato dal rimorso dei peccati.

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