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Asia Bibi giudicata innocente dalla corte suprema pakistana

Ma il governo cede alla pressione degli estremisti islamici e la tiene in prigione

Sta succedendo quello che si temeva. Alla gioia seguita alla proclamazione di non colpevolezza da parte della Corte Suprema, è subito subentrata la paura che i fondamentalisti islamici riescano a fare un nuovo processo e a condannare a morte, per la seconda volta, la povera Asia Bibi, una contadina cristiana che vive in Pakistan, colpevole, secondo questi estremisti, di blasfemia e di aver offeso il Profeta. La Corte Suprema, con estremo coraggio, dato il clima di odio e di persecuzione contro i cristiani che è ormai radicato in Pakistan, ha sentenziato che Asia non ha commesso nessuna colpa. Le accuse, quindi, erano false e pretestuose, montate ad arte per far condannare a morte la povera donna. Ciò nonostante Asia è rinchiusa in prigione da 10 anni, in una cella buia e senza finestre, senza avere alcun contatto con l’esterno. Basti pensare che in tutto questo tempo il marito ed i figli non hanno mai potuta incontrarla e che dopo la recente sentenza sono stati costretti a nascondersi per il timore di essere a loro volta perseguitati e sottoposti alle violenze dalla folla, che a decine di migliaia ha invaso le piazze del Paese, ubriaca di odio e di fobia contro i cristiani, chiedendo la morte per Asia.

Asia è innocente, ma deve morire perché cristiana. La sua sola colpa è credere in Gesù Cristo e nel suo amore. Che cosa alimenta questo odio feroce e disumano contro i cristiani? I laudatores dell’islam dicono che questa è una religione amorevole, non violenta. Vorremmo crederlo, ma in tutto il mondo le persecuzioni contri i cristiani provengono da fedeli mussulmani o da istituzioni civili controllate da essi. Non si sente mai dire che i buddisti perseguitino i cristiani, o che lo facciano gli animisti. Sono sempre gli appartenenti all’islam quelli che odiano e che perseguitano i credenti in Cristo, cioè gli infedeli, come dice il Corano. Forse la situazione sarebbe diversa se nel Corano non ci fossero le “sure” che incitano ad ammazzare gli infedeli e addirittura indicano come farlo. Se l’Islam è considerato amorevole, perché i loro saggi, i loro maestri non si pongono il problema della estrema violenza dei versetti di certe “sure” contro gli infedeli? La questione non riguarda soltanto il Pakistan, dilaniato da questo genere di violenza, è ormai pericoloso anche per gli islamici moderati, ma tutti quei Paesi in cui la persecuzione anti cristiana è pane quotidiano. Quando poi dalla persecuzione si passa all’affermazione politica di questi principi, si arriva all’aberrazione delle stragi, come è già accaduto a Parigi e a Nizza e alla creazione del Califfato, cioè di una entità pseudo statuale retta dal Corano, considerato come gli Stati democratici considerano la Costituzione. La violenza è talmente reale, che lo stesso avvocato di Asia Bibi,  Saif ul-Mulook, che l’ha salvata dall’impiccagione per blasfemia, ha lasciato il paese temendo per la sua vita, dopo le minacce da parte degli islamici radicali. Che cosa succederà ora? Vi sarà un nuovo processo? Con quali garanzie di obiettività? Gli interrogativi vanno al di là dei confini pakistani e investono le tutela dei diritti umani. E i governi dell’Occidente, sempre pronti a muoversi quando all’orizzonte appaiono segni contrari, hanno intrapreso iniziative diplomatiche per tutelare questi diritti? E l’Unione europea, tramite la sua Alta Rappresentante per la politica estera, l’italiana Mogherini, che azioni ha tentato per impedire l’ennesima flagrante ingiustizia? Ed i cattolici italiani, a parte qualche lodevole reazione privata, cosa hanno tentato di fare per dare una mano alla povera Asia? Lodevole l’iniziativa di Giulio Meotti, giornalista de “Il Foglio”, che ha raccolto più di 14.000 firme all’appello “Portiamo Asia Bibi in Italia” lanciato sulla piattaforma change.org. “L’Italia non può restare in silenzio e inerme davanti alla sorte di Asia Bibi, simbolo della persecuzione di cui sono vittime i cristiani in tutto il mondo… Impedire che sia portata a compimento la condanna a morte per un reato inaccettabile e inesistente è un dovere di tutti, cristiani e non cristiani”. Anche Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, ha annunciato che si sta muovendo in modo discreto, cioè seguendo i criteri della diplomazia, che non urla e non strepita, ma agisce, discretamente appunto, per risolvere il problema di Asia.  Il marito di Asia, intanto, si è rivolto ad alcuni governi, compreso, pare, quello italiano, per chiedere il diritto di asilo. Come risponderanno questi governi, se risponderanno? Sarà disposto il governo pachistano ad aprire eventuali trattative con quelli che fossero disposti ad accogliere la famiglia Bibi, Asia compresa? La questione ci sembra molto delicata, per non dire di difficile soluzione. Fin tanto che la violenza prevarrà sulla legge, non c’è nulla da sperare, a meno che alla violenza della piazza non si sostituisca quella legale del governo per impedire un “delitto ufficiale”. Lasciamo il campo alla diplomazia e, per altri versi, ai credenti, che pregano perché il miracolo si compia.

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