Dopo la cannabis, la cocaina
La politica e i criminali sono la stessa cosa
Michael Corleone (da “Il padrino” – parte III)
Sono stati molti i servizi e gli articoli dei media internazionali che trattavano il preoccupante problema della cannabis in Albania. Soprattutto nel 2017. Si denunciava la massiccia coltivazione della cannabis su tutto il territorio. Si evidenziavano fatti sul coinvolgimento delle strutture della polizia di Stato e si arrivava alla logica conclusione che una simile realtà non poteva esistere senza il beneplacito del potere politico. Realtà ben conosciuta in Albania e denunciata continuamente sia dall’opposizione che dai media non controllati dal governo. Una simile realtà veniva, però, sistematicamente ridicolizzata e negata dal primo ministro albanese e dalla ben funzionante propaganda governativa. Mentre alcuni ambasciatori e alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, presenti in Albania, parlavano di “grandi successi” del governo e della polizia di Stato nella lotta contro la criminalità organizzata, evitando “ostinatamente” di parlare della cannabis. Mentre le istituzioni specializzate dei loro Paesi e dell’Unione europea pubblicavano dei dati allarmanti.
Il lettore del Patto Sociale è stato sempre informato sia sulla diffusa coltivazione della cannabis in Albania, che del suo massiccio traffico illecito. Traffico che, purtroppo, continua tuttora, preoccupando non poco le forze dell’ordine e le strutture specializzate dei Paesi confinanti e non solo. Ma le quantità che si sequestrano sono soltanto una piccolissima parte di quella che esce realmente dall’Albania! Mentre la polizia di Stato albanese continua a non “vedere” niente, in un territorio che è piccolo e dove tutti sanno tutto di tutti.
Il lettore del Patto Sociale è altresì a conoscenza che il “virtuoso ministro” degli Interni (2013-2017), il prediletto del primo ministro, è ormai indagato per traffico internazionale di stupefacenti, grazie alle indagini svolte dalla procura di Catania (Patto Sociale n.285 ecc.). Così com’è stato informato che 127 ufficiali della polizia di Stato risultano, dai rapporti dei servizi segreti, attivamente coinvolti sia nella coltivazione, che nel traffico illecito della cannabis. Alcuni di loro sono “scomparsi” e tuttora irreperibili.
Dal rapporto dell’Interpol (2017) sulla “Valutazione del Rischio della Criminalità Organizzata” risultava che “…l’Albania rimane la fonte principale della cannabis che si traffica in Europa…”.
Da un servizio della BBC (1 dicembre 2016) risultava che “…L’Albania è diventata la più grande produttrice della cannabis in Europa… Se si confrontano le cifre del 2015 con quelle del 2016 si dimostra un aumento di cinque volte della superficie dove si coltiva la cannabis”.
Mentre l’Huffington Post il 7 ottobre 2016 intitolava un suo articolo “La droga dell’Albania sta destabilizzando i Balcani”. Secondo l’autore di quell’articolo “…i più alti rappresentanti del governo [albanese] sono stati coinvolti nel traffico [illecito] della droga, non semplicemente per dei guadagni personali, ma perché hanno un piano per mantenere il potere con i soldi della droga”.
E tutto questo in un Paese dove l’economia è in vistoso affanno e sta andando sempre peggio. Secondo la Fondazione statunitense Heritage (Heritage Foundation), l’economia dell’Albania viene classificata come “frustrata”, che significa la peggiore valutazione possibile. Queste constatazioni sono soltanto una piccola parte, in confronto a tutte quelle fatte durante questi ultimi anni, e soltanto dai media internazionali, sulla realtà albanese.
In una simile realtà, un nuovo scandalo, l’ennesimo, è venuto a galla in Albania. Il 28 febbraio scorso sono stati sequestrati 613 chilogrammi di cocaina purissima, nascosta in un doppio fondo di un container di banane provenienti dalla Columbia. Tutto fa pensare ad uno scandalo in cui sarebbero coinvolti non soltanto il grossista che aveva ordinato le banane e subito scappato all’estero, ma anche altre persone molto altolocate. Costringendo il ministro degli Interni di contraddire se stesso in due dichiarazioni successive, nell’arco di poche ore. Perché il primo ministro voleva far passare tutto come un’operazione e un successo soltantno della polizia di Stato albanese, mentre il ministro aveva ringraziato le strutture specializzate straniere per la loro collaborazione nella cattura della cocaina. Per poi cambiare “stranamente” versione. Versione quella, che urta fortemente con la realtà. Per la cronaca, ad oggi sono stati arrestati soltanto un camionista e un comune amministratore!
Lo scandalo è tuttora in corso e stanno indagando anche le strutture specializzate di altri paesi, compresa la DEA (Drug Enforcement Administration) statunitense. Ogni giorno che passa emergono nuovi dati e informazioni che smentiscono la “versione ufficiale”. Una cosa è certa però. E cioè che in Albania si sta passando sempre più dalla cannabis alla cocaina. Per diverse ragioni, ma comunque ragioni che non sfuggono all’attenzione dell’opinione pubblica e alle strutture internazionali specializzate.
Nel rapporto della CIA (The Central Intelligence Agency) sull’Albania, pubblicato sul suo sito ufficiale, si legge che “…l’Albania è un punto di passaggio… per la cocaina proveniente dal Sud America verso il mercato dell’Europa occidentale”. La britannica Agenzia Nazionale per il Crimine (The National Crime Agency), riferendosi al 2017, nel rispettivo rapporto evidenzia che “…i criminali balcanici e, particolarmente, quegli albanesi, stanno diffondendo la loro rete d’influenza, creando dei legami diretti con i fornitori della cocaina dall’America latina”. Sempre riferendosi al 2017, l’Ufficio dell’ONU sulle Droghe e il Crimine (UN Office on Drugs and Crime), nel rispettivo rapporto, scrive che “…il traffico della cocaina dall’Albania verso i mercati dell’Europa occidentale e centrale sta aumentando vistosamente in confronto alla cocaina trafficata direttamente nei porti dell’Europa occidentale e centrale”. Mentre una giornalista statunitense, specializzata sulle questioni della sicurezza, riferendosi alla sopracitata cattura della cocaina in Albania, scrive sull’InSight Crime che “…l’Albania ha una lunga storia di coltivazione e traffico della mariuana e adesso il suo nuovo status, come Paese di transito della cocaina columbiana verso il mercato europeo, ha molte probabilità di allargarsi… La sua posizione geografica… e i legami esistenti con il clan mafioso italiano ‘ndrangheta, fanno dell’Albania un Paese attrattivo per i clan del traffico della cocaina dall’America latina”.
Chi scrive queste righe, riferendosi a quanto sopra e alle specificità della vissuta realtà albanese, pensa che niente di tutto ciò potrebbe accadere senza la connivenza tra la criminalità organizzata e i massimi livelli del potere politico. Anche perché gli investimenti finanziari messi in gioco sono tali che chi investe non si muove senza determinate garanzie e accordi con persone molto altolocate. Perciò suonano attuali le parole di Michael Corleone “La politica e i criminali sono la stessa cosa”.