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Falsari di parola e di verità

… Io udi’ già dire a Bologna del diavol vizi assai,
tra ‘quali udi’ ch’elli è bugiardo e padre di menzogna.

Dante Alighieri; La Divina Commedia; Inferno / XXIII

Così diceva frate Cataldo a Virgilio, autore del poema epico l’Eneide. Lo racconta Dante nella sua Divina Commedia. Era stato proprio Malacoda, un diavolo inventato da Dante, che aveva ingannato Virgilio, il maestro che si prendeva cura del poeta, suo discepolo, mentre scendevano nell’Inferno. Tutti e due erano arrivati al penultimo cerchio, e cioè all’ottavo. Quello che Dante chiama Malebolge, per via delle bolge in cui erano messi i peccatori. Erano dieci le bolge, cioè le fosse, collegate da scogli scoscesi. In quel cerchio erano ammassati tutti: ruffiani, seduttori, adulatori, maghi, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti, seminatori di discordia, falsari e bugiardi. Virgilio e Dante cercavano di uscire dalla quinta bolgia, per andare alla sesta, perché erano seguiti dai Malebranche, diavoli capitanati da Malacoda. Si accorsero però che la roccia che doveva collegare le due bolge era crollata. Dante ci racconta che crollò a causa del terremoto che seguì la morte di Gesù Cristo. Invece Malacoda aveva assicurato Virgilio che le due bolge erano collegate tra di loro. Dante ci racconta, nel canto XXIII, che il suo maestro, accorgendosi dell’inganno, dice “Mal contava la bisogna/colui che i peccator di qua uncina”. E i peccatori li uncinava proprio Malacoda, che aveva intenzionalmente ingannato Virgilio. Il frate Cataldo, non senza un po’ di sarcasmo e d’ironia, dice allora a Virgilio di quello che aveva saputo. E cioè che “Io udi’ già dire a Bologna / del diavol vizi assai, tra ‘quali udì/ch’elli è bugiardo e padre di menzogna”. Virgilio abbassa la testa, vergognandosi di essere stato così scioccamente ingannato da Malacoda. Perché per capire una cosa così evidente, per capire che Malacoda era bugiardo e, addirittura, il “padre di menzogna”, non bisognava essere dotti, istruiti all’Università di Bologna, dove si insegnava già nel periodo in cui Dante scrisse La Divina Commedia. Dei bugiardi e degli ingannatori, il poeta si riferisce anche nel canto XXX dell’Inferno. In quel canto racconta dei falsari, di tutti i falsari, che soffrivano nella decima bolgia. Tra i quali anche coloro che Dante chiama i falsari di parola, che poi erano proprio i bugiardi. E tutti quei peccatori erano afflitti da deformazioni e malattie atroci e soffrivano proprio le pene dell’inferno.

Tornando ai giorni nostri, tutti noi dobbiamo fare sempre tesoro anche degli insegnamenti di Dante. Perché si sa, da che mondo è mondo e ovunque sono stati, sono e saranno, diffusi tra la gente, anche i falsari di parola e della verità. E cioè gli ipocriti, gli ingannatori e i bugiardi. Tutti coloro che hanno fatto, stanno facendo e faranno sempre dei danni. Danni che diventano maggiori, e spesso seri e gravi, quando i falsari di parola e della verità sono degli individui che hanno dei poteri decisionali. Perché sono dei danni fatti non solo alle singole persone e a delle piccole comunità, ma anche alle nazioni intere. E che spesso, con il passare del tempo diventano ancora maggiori e con delle conseguenze difficilmente recuperabili. Quanto è accaduto e/o sta accadendo in Albania durante questi ultimi anni, ne rappresenta un’inconfutabile testimonianza. E purtroppo, in Albania, a falsare le parole e la verità, a ingannare e a mentire, non sono soltanto i governanti, i rappresentanti politici e istituzionali locali, ma anche certi rappresentanti delle istituzioni internazionali o di singoli paesi. Lo dimostrerebbero le dichiarazioni fatte in albanese e/o in inglese in queste ultime settimane.

Durante la scorsa sessione del Parlamento europeo del 18 e 19 giugno 2020, c’è stata anche una votazione trasversale e massiccia di un emendamento sulle condizioni poste all’Albania nel suo percorso europeo. Quell’emendamento rappresenta ormai una Raccomandazione per il Consiglio europeo, per la Commissione europea e per l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza. Si tratta di 15 condizioni sine qua non poste all’Albania, come paese candidato all’adesione nell’Unione europea. Condizioni che, se non si adempiono, tutte insieme, non si può arrivare neanche all’apertura della prima Conferenza intergovernativa tra l’Albania e gli Stati membri dell’Unione europea. Il nostro lettore è stato informato la scorsa settimana di tutto ciò. Così come è stato informato anche su una seduta della Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento europeo, durante la quale si doveva discutere sulla realtà albanese (Bisogna dire pane al pane e vino al vino, 22 giugno 2020). Ebbene, durante quella seduta della Commissione, il 22 giugno scorso, gli eurodeputati hanno denunciato, fatti e documenti alla mano, quanto è accaduto e/o sta accadendo in questi ultimi anni, esprimendo anche la loro preoccupazione per la gravità della situazione in Albania.

Durante quella seduta ha parlato anche la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea. Direttrice che, allo stesso tempo, è anche il capo di una struttura molto importante nell’ambito della [ormai fallita] Riforma della giustizia in Albania. Tanto importate è il ruolo di quella struttura, chiamata Operazione Internazionale di Monitoraggio, che è stata inserita anche negli emendamenti costituzionali approvati all’unanimità dal Parlamento albanese il 22 luglio del 2016. Ebbene, la direttrice per i Balcani occidentali, nel suo intervento durante la sopracitata seduta della Commissione degli Affari esteri del Parlamento europeo, ha detto delle “mezze verità”. Chissà perché?! Ma quanto ha detto la direttrice non era quello che è stato approvato con il voto massiccio e trasversale del Parlamento europeo il 19 giugno scorso sull’Albania. E la direttrice non poteva non sapere, sia quanto è stato approvato che il testo intero della sopracitata Raccomandazione, indirizzata anche alla Commissione europea. Istituzione per la quale lavora la direttrice. Sapere quanto era approvato il 19 giugno scorso dal Parlamento europeo sull’Albania era un obbligo istituzionale per lei. Ignorare ciò sarebbe una trascuratezza dei suoi obblighi. Ma saperlo e far finta di ignorarlo, sarebbe peggio. E guarda caso, proprio quella dichiarazione della direttrice per i Balcani occidentali è stata usata un giorno dopo dal primo ministro albanese come riferimento, in sostegno delle sue bugie. Perché lui sta mentendo pubblicamente, chiaramente, ripetutamente e consapevolmente sulle sopracitate 15 condizioni poste all’Albania. Il che, di per se, è una cosa grave. Questa volta, come falsaria di parola e della verità, insieme con il primo ministro, è stata anche la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea.

Chi scrive queste righe è convinto che le gravi conseguenze delle “mezze verità” dette e dei richiesti e/o voluti inganni fatti dai soliti “rappresentanti internazionali”, danneggiano non solo il percorso europeo dell’Albania, ma purtroppo aiutano anche il consolidamento della dittatura nel paese. Il barbaro e vigliacco abbattimento, notte tempo, dell’edificio del Teatro Nazionale il 17 maggio scorso, come ribadito anche durante la sopracitata seduta della Commissione degli Affari esteri del Parlamento europeo, rappresenta e testimonia meglio di qualsiasi altra cosa, proprio la mentalità dittatoriale dei gestori della cosa pubblica in Albania. Ma dimostra anche l’ipocrisia dei “rappresentanti internazionali”. Compresa la direttrice per i Balcani occidentali della Commissione europea. Chi scrive queste righe è convinto che le ripercussioni dell’operato di tutti i falsari di parola e della verità le soffriranno, negli anni a venire, i cittadini albanesi. Ragion per cui essi devono ribellarsi e reagire in tempo e determinati. Mentre i falsari hanno ormai il loro posto già riservato nell’Inferno, nelle bolge dell’ottavo cerchio.

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