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Il regime che si sta riconfermando dopo il 25 aprile

C’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino consiste nel togliergli la voglia di votare.

Robert Sabatier

Domenica 25 aprile in Albania si sono svolte le elezioni politiche. Circa il 48.2% degli albanesi, quelli che hanno scelto di votare, sono andati alle urne. Diversamente da quanto è successo durante la campagna elettorale, “riscaldata” soprattutto negli ultimi giorni della scorsa settimana, domenica tutto era tranquillo. Sembrava un po’ strano e contrastava con certi avvertimenti e tentativi di suscitare scontri e conflitti. Le elezioni si sono svolte in piena tranquillità e senza nessun incidente elettorale, come è accaduto nelle precedenti elezioni. Fatto questo che è stato confermato da tutti i rappresentanti politici dei partiti principali in gara, dopo la chiusura dei seggi. In più, questi non hanno neanche denunciato alcuna irregolarità elettorale. Ma tutto ciò non significa che il 25 aprile, in Albania, le elezioni siano state libere, imparziali e democratiche. Sì, perché ormai in Albania il controllo, il condizionamento e la manipolazione del voto non avvengono il giorno delle elezioni, anzi, ormai si fa molta attenzione alla “facciata”. Per la propaganda governativa tutto deve sembrare normale e tranquillo quel giorno. Tutto comincia da molte settimane prima, se non addirittura da molti mesi prima e in vari modi, ormai ben noti in Albania. Il primo ministro, sicuro di tutto ciò, durante tutta la campagna elettorale, ma anche prima, in mancanza di una sola promessa fatta pubblicamente e mantenuta in questi otto anni, aveva consapevolmente scelto di fare campagna elettorale con la sua ben nota arroganza verbale, con le sue offese ed insulti coatti. Perché lui e i suoi “strateghi” , non potendo dimostrare uno, soltanto un risultato concreto, non potendo dare una, soltanto una dimostrazione di una promessa mantenuta, avevano basato la campagna anche sui “diversivi verbali”, sulle offese e sugli insulti degli avversari. E purtroppo sembrerebbe che quella “strategia” non abbia “guastato”, permettendo quello che, ad ora, è il risultato elettorale parziale. Si perché sembra che il 26 aprile sera, tenendo presente i dati ufficiali resi pubblici dalla Commissione Centrale Elettorale, dopo lo scrutinio di circa 70% dei seggi, risulterebbe che si stia riconfermando il tanto ambito terzo mandato per il primo ministro. Rimane da vedere se questa tendenza si confermerà anche dopo lo scrutinio dei seggi rimanenti, permettendo così all’attuale primo ministro di ottenere il diritto di costituire il suo nuovo governo il prossimo settembre, come prevedono la Costituzione e le leggi in vigore.

Lunedì scorso l’autore di queste righe informava il nostro lettore che “Questa che inizia oggi è l’ultima settimana prima delle elezioni. Il primo ministro albanese e tutti i suoi stanno cercando, con tutti i modi e mezzi, di nascondere tutti gli scandali governativi, tutte le promesse fatte e mai mantenute, tutta la gravità della situazione da loro generata e tante altre cose”. E poi aggiungeva, ribadendo che per vincere le elezioni ed il suo terzo mandato, al primo ministro “…Servono i milioni della corruzione, dei traffici illeciti, dell’abuso del potere e dell’orientamento occulto degli interessi per controllare, condizionare e comprare il voto dei cittadini impoveriti, disperati e sofferenti”. Egli, in più, aveva informato il nostro lettore anche dell’ultimo scandalo elettorale, reso noto l’11 aprile scorso. Si, perché l’11 aprile scorso tutti hanno saputo, in Albania ma non solo, che “…Centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge sono stati da tempo messi a disposizione e usati, per scopi elettorali, dal partito del primo ministro. Un vero e proprio scandalo, che coinvolge il Partito e le istituzioni governative. Uno scandalo che ha messo alla prova di nuovo anche il sistema “riformato” della giustizia”. E, riferendosi al sistema della giustizia in Albania, egli scriveva anche che quel sistema “…invece di avviare le dovute indagini, previste dalla legge, per evidenziare come sono finiti quei dati riservati e protetti negli uffici del Partito, per uso e abuso elettorale, sta indagando il media che li ha pubblicati, facendo solo il suo dovere, riconosciuto dalla legge”. (Scenari orwelliani in attesa del 25 aprile…; 19 aprile 2021). Tanto era grande quello scandalo del sistema “riformato” della giustizia, personalmente controllato dal primo ministro albanese e/o da chi per lui, che si è attivata subito, dietro la richiesta del media in causa, anche la Corte europea dei Diritti dell’Uomo. Dopo una sua seduta straordinaria del 22 aprile scorso, e cioè soltanto 11 giorni dopo lo scandalo, la Corte ha deliberato proprio contro la decisione della procura albanese, chiedendo ed obbligando il ritiro dell’ordine di sequestro nei confronti del media. Un ordine, quello, chiesto dalla procura e convalidato dal tribunale! Basta soltanto questo per capire come funzionano ormai e purtroppo in Albania le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia!

Nel pomeriggio di lunedì 26 aprile, la Missione comune degli Osservatori dell’ODIHR (Office for Democratic Institutions and Human Rights – Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani, come parte integrante dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa; n.d.a.), ha presentato a Tirana il Rapporto preliminare sulle elezioni politiche del 25 aprile. In quel Rapporto, gli osservatori hanno evidenziato, tra l’altro, la compravendita del voto, che poi porta gli albanesi a non avere fiducia del sistema. Gli osservatori hanno fatto riferimento al sopracitato scandalo dell’uso abusivo di centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge per scopi elettorali e le sue conseguenze sul risultato elettorale. Nel Rapporto preliminare dell’ODIHR venivano, altresì, evidenziati come fenomeni in violazione delle leggi in vigore, sia il coinvolgimento delle strutture statali e degli alti funzionari delle istituzioni, durante la campagna elettorale, in favore della maggioranza governativa, sia l’influenza in favore del partito del primo ministro, derivata dai cambiamenti fatti negli ultimi mesi prima delle elezioni, alla Costituzione e al Codice elettorale. Queste erano soltanto alcune delle osservazioni presentante nel sopracitato Rapporto preliminare dell’ODIHR.

In attesa di conoscere il risultato finale delle elezioni, risultato che senz’altro condizionerà gli sviluppi politici nei prossimi anni in Albania, bisogna evidenziare alcuni scontri istituzionali accaduti la scorsa settimana, pochi giorni prima della chiusura della campagna elettorale. Scontri che hanno coinvolto personalmente il presidente della Repubblica e l’ambasciatrice statunitense. Tutto cominciò dopo che il presidente aveva accusato la “strategia” del primo ministro per condizionare, controllare e manipolare il voto dei cittadini, facendo capire che lui approfittava anche dall’appoggio dei “rappresentanti internazionali”. Il presidente aveva di nuovo denunciato il diretto coinvolgimento della criminalità organizzata in tutto ciò, usando, purtroppo, un linguaggio non molto “istituzionale” e minacciando determinate azioni contro tutti quelli che avrebbero reso possibile l’attuazione di una simile e pericolosa “strategia”. La reazione dell’ambasciatrice statunitense, come persona coinvolta, è stata forte ed immediata, tramite le reti social, durante un dibattito televisivo del presidente della Repubblica con i giornalisti in prima serata, venerdì scorso. Secondo fonti mediatiche, risulterebbe che l’ambasciatrice abbia minacciato, a sua volta e direttamente, il presidente della Repubblica di rendere pubblici alcuni “scheletri nell’armadio” dello stesso presidente. Si vedrà cosa accadrà nei prossimi giorni, o comunque nel prossimo futuro, e se lei manterrà la parola. Nel frattempo però, l’ambasciatrice e altri suoi colleghi sono stati presenti e molto attivi il 25 aprile, giorno delle elezioni, in diverse città e in diversi seggi elettorali. Anche il giorno dopo le elezioni, l’ambasciatrice è stata molto attiva, visitando diversi ambienti, sedi delle Commissioni zonali per l’amministrazione elettorale e articolando determinate dichiarazioni ufficiali. Cosa che i suoi colleghi, in diversi altri Paesi del mondo, non hanno mai fatto e neanche avrebbero mai pensato di fare. Anche perché azioni e/o presenze del genere risulterebbero essere in palese violazione con la Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, ma in Albania i “rappresentanti internazionali” hanno goduto da anni e tuttora godono dei diritti “speciali”, offerti “generosamente” dai rappresentanti politici locali in cambio, ovviamente, di “appoggi speciali”. Diritti con i quali, non di rado, i “rappresentanti internazionali” hanno abusato, generando, però, non poche problematiche per l’Albania e gli albanesi.

Chi scrive queste righe è convinto che il primo ministro e i suoi ne hanno fatte di tutti i colori, per garantire il  terzo mandato, compresi anche l’uso di centinaia di migliaia di dati personali e protetti dalla legge per scopi elettorali, la compravendita dei voti e il coinvolgimento delle strutture statali e degli alti funzionari delle istituzioni, durante la campagna elettorale. Come è stato chiaramente evidenziato anche dal Rapporto preliminare dell’ODIHR, reso ormai pubblico. E se, malauguratamente per gli albanesi, risulterà una pericolosa riconferma del regime del primo ministro, restaurato e funzionante ormai in Albania, allora questo dovrà allarmare non solo gli albanesi. Dovrebbe allarmare e preoccupare anche le cancellerie occidentali e le istituzioni dell’Unione europea. Anche perché tutto ciò potrebbe togliere, tra l’altro, anche la voglia dei cittadini di votare. Il che sarebbe, come scriveva Robert Sabatier, peggiore della negazione del diritto del voto agli stessi cittadini. Con tutte le sue derivanti conseguenze!

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