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Importanti decisioni, vergognose manipolazioni e una protesta

Spesso le aspettative falliscono, e più spesso dove più sono promettenti;

e spesso soddisfano dove la speranza è più fredda e la disperazione più consona.

William Shakespeare

Come era già stato annunciato la scorsa settimana, lunedì 20 dicembre, alle ore 16.00, moltissimi sostenitori del partito democratico albanese erano radunati di fronte alla sede del partito. Erano veramente in tanti e tutti ben motivati. Si trattava dei sostenitori del nuovo Movimento per la ricostituzione del partito democratico. Bisogna anche sottolineare che si tratta del primo partito oppositore della dittatura comunista, costituito trentuno anni fa, il 12 dicembre 1990. Si tratta proprio di quel partito che, nonostante il periodo buio nel quale vivevano terrorizzati gli albanesi, ha organizzato e ha guidato tutte le massicce proteste che hanno portato, in seguito, alla caduta della dittatura comunista. Una delle più sanguinose e spietate dittature dell’Europa. Ma che, purtroppo, quel partito democratico, il maggiore partito dell’opposizione dal 2013, durante questi ultimi anni, mentre in Albania si stava restaurando una nuova e camuffata dittatura sui generis, ha continuamente mancato e deluso nel compimento dei suoi obblighi politici ed istituzionali. Ma ha anche offeso la fiducia dei suoi iscritti e sostenitori, nonché di molti cittadini albanesi, che vedevano nell’opposizione politica la sola speranza per arginare, fare fronte e combattere la pericolosa alleanza del potere politico, rappresentato dal primo ministro, con la sempre più attiva criminalità organizzata e determinati raggruppamenti occulti locali ed internazionali, soprattutto da oltreoceano e con obiettivi concreti in Albania e nei Balcani. Il nostro lettore, durante queste ultime settimane, sempre dati e fatti accaduti alla mano, è stato informato degli sviluppi in corso in Albania che riguardano il partito democratico albanese. La ragione è stata proprio la nascita del nuovo Movimento per la ricostituzione del partito democratico albanese (Il doppio gioco di due usurpatori di potere, 14 giugno 2021; Usurpatori che consolidano i propri poteri, 19 Luglio 2021; Meglio perderli che trovarli, 13 settembre 2021; Agli imbroglioni quello che si meritano, 1 novembre 2021; Un misero e solitario perdente ed un crescente movimento in corso, 22 novembre 2021; Il vizio esce con l’ultimo respiro, 13 dicembre 2021). Un Movimento capeggiato dal capo storico del partito, allo stesso tempo presidente della Repubblica (1992-1997) e primo ministro (2005-2013), che sta diventando sempre più ampio, attirando tutta l’attenzione pubblica. Un Movimento che ha scombussolato, da alcuni mesi, anche la “quiete” politica in Albania.

I rappresentanti del Movimento, compreso il capo storico del partito, dalla scorsa settimana avevano annunciato ed invitato non solo i sostenitori del partito democratico e dell’opposizione, ma anche i cittadini a protestare, lunedì 20 dicembre, davanti alla sede del Consiglio dei ministri. Si tratta della prima protesta chiamata da un partito politico, dopo circa venti mesi. I motivi erano due. Il primo riguardava un accordo, che va contro gli interessi dell’Albania ed altri Paesi balcanici, anzi, che favoreggia senza ombra di dubbio e dati economici alla mano, gli interessi economici e regionali della Serbia. Un accordo convenuto e sottoscritto dal presidente della Serbia, dal primo ministro della Macedonia del Nord e dal primo ministro dell’Albania. Un accordo che nell’arco di due anni ha cambiato nome, dal “Mini-Schengen balcanico” all’accordo dei “Balcani Aperti” (Open Balcan). Il nostro lettore è stato informato, a tempo debito, di questi sviluppi regionali, nell’ambito dell’accordo Open Balcan, fortemente voluto e sostenuto, già dal 1999, soprattutto dal suo vero ideatore; un multimiliardario speculatore di borsa statunitense. Ma l’accordo Open Balcan, sempre fatti, dati e obiettivi geopolitici ed economici ormai noti e dichiarati alla mano, è anche un accordo che permette, sia alla Russia, che alla Cina di essere attivamente presenti nella regione balcanica (Accordo ingannevole e pericoloso, 13 gennaio 2020; Bugie scandalose elevate a livello statale; 24 febbraio 2020; Preoccupanti avvisaglie dai Balcani, 8 novembre 2021 ecc…). E proprio nell’ambito dell’accordo Open Balcan, lunedì 20 dicembre si è organizzata e svolta in Albania l’ennesima riunione tra il presidente della Serbia, il primo ministro della Macedonia del Nord ed il primo ministro dell’Albania. Proprio per denunciare e contestare quell’accordo è stata convocata e svolta anche la prima protesta chiamata da un partito politico dopo quasi venti mesi.

Il secondo motivo della protesta riguardava gli accordi concessionari e palesemente corruttivi del governo albanese, mentre le istituzioni del sistema “riformato” della giustizia “stanno a guardare”. Avendo però i massimi riconoscimenti ed elogi da parte dei soliti “rappresentanti internazionali” in Albania. Chissà perché?! Si sa però che i rappresentanti del sempre più vasto Movimento per la ricostituzione del partito democratico albanese, hanno pubblicamente dichiarato, dallo scorso settembre e durante queste ultime settimane, che non permetteranno mai che accordi simili siano attuati e che combatteranno la corruzione e l’abuso del potere, nonché si impegneranno perché il sistema della giustizia diventi finalmente un giusto, imparziale ed indipendente sistema. Cosa che non ha fatto, volutamente e/o perché costretto, colui che, fino alla settimana scorsa, aveva usurpato la dirigenza del partito democratico albanese.

Durante la settimana appena passata sono state prese importanti decisioni in Albania. Ma durante la settimana appena passata si sono fatte anche delle misere, vergognose e disperate manipolazioni. Tutta l’attenzione pubblica era, però, focalizzata su quanto si attendeva accadesse sabato scorso, 18 dicembre. Per quel giorno erano stati annunciati due avvenimenti politici importanti. Il primo riguardava il referendum per confermare, da parte di tutti gli iscritti del partito democratico albanese, l’espulsione dell’usurpatore del partito democratico albanese. Un’espulsione decisa l’11 dicembre scorso, durante il congresso straordinario del partito, convocato, per la prima volta in assoluto, con la richiesta di più di un quarto dei delegati del congresso (Il vizio esce con l’ultimo respiro, 13 dicembre 2021). Mentre il secondo avvenimento politico riguardava un congresso, convocato dall’usurpatore, sempre il 18 dicembre, come una sfida a quello svolto una settimana fa.

Ebbene, sabato scorso, tutti gli iscritti del partito democratico sono stati invitati a confermare o a rifiutare l’espulsione di colui che dirigeva il partito fino ad una settimana fa. Una decisione presa, quella del referendum, non perché quanto hanno deciso l’11 dicembre 4446 delegati dei 4935 presenti al congresso avesse bisogno di un’ulteriore conferma. Lo prevede anche lo Statuto del partito. Ma l’11 dicembre il congresso straordinario del partito democratico, convocato da molto più di un quarto dei delegati, ha deciso di confermare quella decisione per togliere ogni dubbio, rendendo l’ultima parola agli iscritti, alla base del partito. Ebbene, sabato scorso, sul tutto il territorio, con il loro voto, gli aventi diritto hanno confermato la decisione presa dal congresso straordinario dell’11 dicembre 2021. E cioè l’espulsione dell’usurpatore della dirigenza del partito democratico albanese. Perciò, da domenica scorsa, quando la commissione del referendum ha comunicato ufficialmente il risultato finale, il partito verrà diretto da una Commissione transitoria per la ricostituzione del partito democratico albanese fino al 22 marzo 2022, quando si svolgerà il congresso ricostitutivo del partito e saranno eletti anche i suoi nuovi dirigenti. Una decisione quella presa durante il sopracitato congresso dell’11 dicembre scorso.

Ma sabato scorso l’ormai espulso usurpatore del partito democratico albanese con pochissimi suoi “fedeli” avevano convocato un altro congresso. Che, infatti, più che un vero congresso era una specie di “anticongresso”, per “annebbiare” quanto era stato deciso una settimana fa. Ma anche per “sfumare” quanto si attendeva essere confermato dal referendum che si stava svolgendo lo stesso giorno, il 18 dicembre. Un compito veramente difficile, ma che in realtà era impossibile. Sì, perché la maggior parte dei delegati del congresso, ufficialmente noti come tali, avevano ormai espresso la loro convinzione e decisione una settimana fa. Ragion per cui loro non potevano essere presenti nel congresso del 18 dicembre. Questo semplice ma testardo fatto lo sapevano benissimo anche l’ormai ex dirigente del partito democratico e quei pochissimi suoi “fedeli”. Ma per portare il loro “progetto” fino in fondo, avevano preso le loro misure. Misure misere e vergognose, che in realtà, fotografie, riprese video e denunce fatte alla mano, sono state smascherate subito e senza ombra di dubbio. Sono suonate ridicole ed inverosimili le dichiarazioni della persona incaricata per la gestione della votazione quando ha dichiarato la partecipazione al congresso di 5004 delegati! Una misera bugia quella sua, perché la sala dove si svolgeva il congresso non poteva contenere quel giorno più di 1958 persone sedute. Ha contato le sedie in diretta un giornalista, a congresso finito. Ma lo confermava facilmente anche una ricerca su internet. E guarda caso, subito dopo essere stata resa nota quella misera bugia, i gestori dell’apposito sito hanno “corretto” la capienza della sala, da 2100 che era, a 5600. Ma avevano dimenticato di “correggere” anche il numero dei posti seduti in sala, lasciando quello reale, e cioè 2100! E si sa, i gestori del sito internet sono dipendenti dell’amministrazione governativa. Mentre l’ex dirigente/usurpatore del partito democratico è stato per tutti questi anni, fatti realmente accaduti, documentati e pubblicamente noti alla mano, una “stampella” del primo ministro. Con tutte le derivanti e drammatiche conseguenze. Ma non bastava solo quella misera bugia. Perché è risultato e documentato che in sala sono stati portati anche dei minori, degli alluni delle scuole medie superiori, studenti di un’università privata, proprietà di un deputato del gruppo parlamentare del primo ministro e di altre persone, che non solo non erano delegati del congresso, ma che non avevano niente a che fare con il partito democratico. Sono stati portati semplicemente per riempire la sala. In più e se per un momento si possa anche presumere che tutti i presenti al congresso del 18 dicembre scorso erano dei delegati, il congresso non poteva prendere nessuna decisione, non essendo raggiunto il quorum necessario. Un’impresa fallita vergognosamente quella degli organizzatori del “anticongresso” di sabato scorso. Ma anche un’ulteriore occasione per gli albanesi di rendersi conto e di conoscere colui che, per otto lunghi anni, aveva usurpato la direzione del partito democratico albanese.

Chi scrive queste righe, cercando, come sempre, di informare oggettivamente il nostro lettore su quello che accade in Albania, nella regione balcanica e altrove, ha rapportato anche questi ultimi sviluppi. Egli però è convinto che la persona che si trova realmente in grande difficoltà non è solo l’ex dirigente del partito democratico, ormai ufficialmente espulso, ma anche è soprattutto il primo ministro. La protesta svolta lunedì pomeriggio davanti ai suoi uffici ne era un chiaro e significativo messaggio. Mentre sono sempre molto attuali le parole scritte da William Shakespeare. E cioè che “Spesso le aspettative falliscono, e più spesso dove più sono promettenti; e spesso soddisfano dove la speranza è più fredda e la disperazione più consona”. Sia per il primo ministro albanese, la sua “stampella” ed altri loro “compari” e sostenitori, sia per i tantissimi onesti e sofferenti cittadini albanesi, che non hanno niente in comune con loro.

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